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San Giovanni Crisostomo
Vescovo e Dottore della Chiesa (Memoria obbligatoria)
BIOGRAFIA
Nacque ad Antiochia intorno al 349. Dopo aver ricevuto un’ottima educazione si dedicò alla vita ascetica e quindi, ordinato sacerdote, si dedicò con gran frutto al ministero della predicazione. Eletto vescovo di Costantinopoli nel 379, si rivelò grande pastore, attendendo in particolare alla riforma dei costumi tanto del clero che del popolo.
Per odio della corte e dei suoi nemici personali, fu cosrtetto ad andare in esilio una prima e una seconda volta. Circondato da ogni parte di tribolazioni morì a Comana sul Mar Nero il 14 settembre del 407.
Si prodigò assiduamente, con la parola e con gli scritti per illustrare la dottrina cattolica e formare i suoi fedeli alla vita cristiana, tanto da meritare il nome di Crisòstomo, «bocca d’oro».
MARTIROLOGIO
Memoria di san Giovanni, vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa, che, nato ad Antiochia, ordinato sacerdote, meritò per la sua sublime eloquenza il titolo di Crisostomo e, eletto vescovo di quella sede, si mostrò ottimo pastore e maestro di fede. Condannato dai suoi nemici all’esilio, ne fu richiamato per decreto del papa sant’Innocenzo I e, durante il viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di guardia, il 14 settembre, rese l’anima a Dio presso Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia.
DAGLI SCRITTI…
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
Per me il vivere é Cristo e il morire un guadagno
Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. Infuri pure il mare, non potrà sgretolare la roccia. S’innalzino pure le onde, non potranno affondare la navicella di Gesù. Cosa, dunque, dovremmo temere? La morte? «Per me il vivere é Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1, 21). Allora l’esilio? «Del Signore é la terra e quanto contiene» (Sal 23, 1). La confisca de beni? «Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via» (1 Tm 6, 7). Disprezzo le potenze di questo mondo e i suoi beni mi fanno ridere. Non temo la povertà, non bramo ricchezze non temo la morte, né desidero vivere, se non per il vostro bene. E’ per questo motivo che ricordo le vicende attuali e vi prego di non perdere la fiducia.
Non senti il Signore che dice: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»? (Mt 18, 20). E non sarà presente là dove si trova un popolo così numeroso, unito dai vincoli della carità? Mi appoggio forse sulle mie forze? No, perché ho il suo pegno, ho con me la sua parola: questa é il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo é sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo, la sua parola. Essa é la mia sicurezza e la mia difesa. Egli dice: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20)-
Cristo é con me, di chi avrò paura? Anche se si alzano contro di me i cavalloni di tutti i mari o il furore dei principi, tutto questo per me vale di meno di semplici ragnatele. Se la vostra carità non mi avesse trattenuto, non avrei indugiato un istante a partire per altra destinazione oggi stesso. Ripeto sempre: «Signore, sia fatta la tua volontà» (Mt 26, 42). Fraò quello che vuoi tu, non quello che vuole il tale o il tal altro. Questa é la mia torre, questa la pietra inamovibile, il bastone del mio sicuro appoggio. Se Dio vuole quetso, bene! Se vuole ch’io rimanga, lo ringrazio. Dovunque mi vorrà, gli rendo grazie.
Dove sono io, là ci siete anche voi. Dove siete voi, ci sono anch’io. Noi siamo un solo corpo e non si separa il capo dal corpo, né il corpo dal capo. Anche se siamo distanti, siamo uniti dalla carità; anzi neppure la morte ci può separare. Il corpo morrà, l’anima tuttavia vivrà e si ricorderà del popolo. Voi siete i miei concittadini, i miei genitori, i miei fratelli, i miei figli, le mie membra, il mio corpo, la mia luce, più amabile della luce del giorno. Il raggio solare può recarmi qualcosa di più giocondo della vostra carità? Il raggio mi é utile nella vita presente, ma la vostra carità mi intreccia la corona per la vita futura.(Prima dell’esilio, nn. 1-3; PG 52, 427*-430)
Dal messale
Giovanni (Antiochia di Siria, attuale Antakya, Turchia, metà sec. IV – Comana Pontica, 14 settembre 407) ebbe un’accurata formazione culturale, nella prospettiva di succedere al padre quale funzionario imperiale. Invece si ritirò nel deserto, immergendosi nello studio della Scrittura. Tornato in città e ordinato presbitero, affascinò le folle con la sua predicazione, tanto da essere chiamato «Crisostomo» («bocca d’oro»). Eletto vescovo di Costantinopoli, ebbe particolare attenzione alla liturgia: la sua anafora eucaristica è ancora oggi la più diffusa in Oriente. Predicò il Vangelo con franchezza e coraggio, denunciando le colpe del clero e i soprusi dei potenti. Il suo zelo gli attirò molti nemici: deposto dalla carica episcopale e condannato all’esilio, morì stremato dalle fatiche sopportate lungo il viaggio.
Dedicazione della nostra Chiesa Monastica
(Memoria silvestrina)
DAGLI SCRITTI…
Dai “Discorsi” di sant’Agostino, vescovo
La dedicazione della casa di preghiera è la festa della nostra comunità. Questo edificio è divenuto la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo casa di Dio. Veniamo costruiti in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei secoli. La casa, o meglio la costruzione, richiede fatica. La dedicazione, invece, avviene nella gioia. Quello che qui avveniva mentre questa casa si innalzava, si rinnova quando si radunano i credenti in Cristo. Mediante la fede, infatti, divengono materiale disponibile per la costruzione come quando gli alberi e le pietre sono tagliati dai boschi e dai monti. Non diventano tuttavia casa di Dio se non quando sono uniti insieme dalla carità. Questi legni e queste pietre, se non aderissero tra loro con un certo ordine, se non si connettessero armonicamente, se collegandosi a vicenda in un certo modo non si amassero, nessuno entrerebbe in questa casa. Infatti quando vedi in qualche costruzione pietre e legni ben connessi tu entri sicuro, non hai paura d’un crollo. Volendo dunque Cristo Signore entrare e abitare in noi diceva quasi nell’atto di costruire: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 13, 34). Dunque, quanto qui vediamo fatto materialmente nei muri, sia fatto spiritualmente nelle anime; e ciò che vediamo compiuto nelle pietre e nei legni, si compia nei vostri corpi per opera della grazia di Dio.
Anzitutto perciò ringraziamo il Signore nostro Dio, da cui viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto; rendiamo lode alla sua bontà con tutto l’ardore del cuore, perché ha eccitato l’animo dei suoi fedeli alla costruzione di questa casa di orazione, ne ha stimolato l’amore, ha prestato l’aiuto.
La Chiesa
[…] sia sempre per tutti un luogo santo […].Qui il fonte della grazia lavi le nostre colpe,
perché i tuoi figli muoiano al peccato
e rinascano alla vita nel tuo Spirito.
Qui la santa assemblea
riunita intorno all’altare,
celebri il memoriale della Pasqua
e si nutra al banchetto della parola
e del corpo di Cristo.
Qui lieta risuoni la liturgia di lode
e la voce degli uomini si unisca ai cori degli angeli;
qui salga a te la preghiera incessante
per la salvezza del mondo.
Qui il povero trovi misericordia,
l’oppresso ottenga libertà vera
e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli,
finché tutti giungano alla gioia piena
nella santa Gerusalemme del cielo”.
La chiesa nasce dall’idea del marchese Vincenzo Giustiniani, di creare sull’assolato colle che dominava il paese di Bassano di Sutri, una grande chiesa, una basilica gentilizia da farne un mausoleo di famiglia. E’ stata consacrata dal Vescovo di Nepi – Sutri Mons. Anselmo Basilici il 12 settembre 1819. Questo importante avvenimento lo ricorda una lapide marmorea sulla quale leggiamo:
D.O.M.
Quod ad hoc magnificum Innocentii X visitatione illustri templum complendum supererat studium Vincentii Principis et Anselmi Epi Sutri et Nepesini actuosa sollicitudo consacratione perfecit Pridie Idus Septembris MDCCCXIX.
Recentemente, per opera del Servo di Dio, Abate Ildebrando Gregori la Chiesa è diventata anche il Santuario del Volto di Cristo venerato nella Sacra Sindone della quale la copia è esposta nella navata laterale della Chiesa. E’ meta di pellegrinaggi dai paesi circostanti, anche da Viterbo e da Roma.
DA VEDERE (links esterni):