Storia di una conversione, dalla morte alla rinascita

fede

Non è mai facile dare testimonianza… soprattutto quando farlo significa pescare nel profondo del proprio essere, alla ricerca di parole adatte a descrivere situazioni e fatti che per molti hanno dell’incredibile, ma che per persone abituate al Miracolo della Conversione sono le uniche realtà dell’esistenza. Unica premessa necessaria: ho frequentato la materna e le elementari dalle Suore Calasanziane. Avrei voluto rimanere con loro ma i miei non me lo permisero.

Mi limiterò a raccontare di quando, intorno ai trent’anni, dopo una prima parte della vita passata alla ricerca vana della felicità senza, peraltro, trovare nulla che potesse anche lontanamente somigliarle, al di fuori di quei pochi momenti di illusione che le cose di questa terra sempre danno a chi si lascia ingannare sapendo – forse – di essere ingannato… a parte questi pochi momenti, dicevo, somigliavo ad un’anima in pena. Ho sempre pensato che quel periodo fosse in qualche modo assimilabile ad un purgatorio.

All’epoca ero lontana dalla Chiesa e dai Sacramenti, nonostante avessi sempre creduto in Dio e nel Suo Figlio Gesù Cristo, ma le vicende della vita mi avevano quasi convinta che non fossi destinata alla Bellezza bensì alla sofferenza. E, questa, non me la facevo mai mancare.

Ero talmente abituata alla lontananza da Dio che neanche me ne rendevo più conto. Ed il peccato, come un veleno iniettato sottopelle giorno dopo giorno, mi aveva spenta, aveva indebolito le mie difese spirituali, mi aveva portata ad una disperazione felpata, molto più pericolosa dell’altra proprio perchè subdola. Ma di tutte queste cose non mi rendevo conto. L’antico avversario sa bene come ingannarci: lui sa che il peccato troppo evidente provoca in noi disgusto…noi siamo Creature di Dio… non siamo fatte per il peccato ma per il Cielo. Il Maligno sa come lavorare… ed è un lavoratore instancabile.

Mi aveva piano piano, durante tutti gli anni in cui per me Dio era diventata quasi una parola astratta, (nonostante, nel profondo, non avessi mai cessato di appartenerGli) abituata a condurre un’esistenza vuota, tesa solo al soddisfacimento personale in tutte le sue forme. Ero egoista, superficiale, a volte sprezzante e cattiva con le persone più deboli di me e ribelle e spavalda con i più forti – anche se, per amor di verità, devo dire che non sono mai stata malvagia nei fatti… se penso a quanta pazienza hanno avuto con me le persone verso le quali sono stata così cattiva…

Le mie parole erano sempre affilate ed a volte ferivano senza che me ne accorgessi sul momento…

Non avevo nessun rispetto di me stessa, non mi importava del giudizio degli altri, facevo solo ciò che mi piaceva fare… eppure – sul lavoro – avevo un senso spiccato della responsabilità tant’è che venivo apprezzata come una impiegata coscienziosa e diligente. Insomma, ero una specie di contraddizione vivente.

Ora, col senno di poi, mi piace pensare che tutte le cose buone che facevo, i momenti di carità che mostravo verso le persone che mi circondavano (erano rari, però c’erano) fossero dovuti esclusivamente alla Bontà di Colui che mi pedinava, incessantemente, limitandosi a seguirmi con Amore Infinito, senza mai intervenire, struggendosi di dolore per quelle che erano le mie scelte lontano da Lui.

Durante un lungo periodo, nel quale soffrii di vari disturbi neurovegetativi che mi toglievano il sonno e mi facevano sentire uno straccio (tachicardie parossistiche, asma, dolori muscolari acuti) quasi tutti scatenati da una tiroidite che nessun medico fu in grado allora di diagnosticare e che furono scambiati per attacchi di panico da tutti i medici che interpellai, durante questo lungo periodo dunque mi resi conto, forse per la prima volta, di quanto fossi fragile ma – dato che non avevo allora una Fede all’altezza del mio bisogno di Amore – invece di rivolgermi a Dio ed implorare il Suo Perdono pensai bene di rivolgermi alle creature che si sa, per quanto bene intenzionate siano, non possono competere in Sapienza e Carità con Nostro Signore. Risultato: un disastro. Quello fu un periodo buio, talmente buio che oggi come oggi non posso che paragonarlo alla “notte buia dell’anima” così come magistralmente descritta da San Giovanni della Croce.

Fu proprio durante quel periodo che arrivai a toccare il fondo del mio personale abisso.

Ognuno di noi ha due possibilità: svettare verso le Altezze o precipitare nell’abisso. Il Cammino che siamo chiamati ad intraprendere è diverso per ognuno di noi, ma il risultato è lo stesso per tutti: Paradiso, Purgatorio, Inferno. Ciò che scegliamo giorno dopo giorno in terra ce lo porteremo nell’ultima ora.

Per fortuna la Misericordia Divina è Infinita, così come a volte è infinita la nostra cocciutaggine.

Era il 1987. Ero reduce dall’ennesima storia sentimentale andata male e finita peggio. Non entrerò nel merito della mia vita sentimentale perchè non penso che sia diversa da quella di tante altre donne che hanno avuto, come me, la disgrazia di credere in qualcosa che non è Amore, anche se forse un po’ ci somiglia… mi limiterò a dire che ho condotto una vita disordinata, in gioventù, ma non per vizio… avevo solo bisogno di trovare l’ “anima gemella” e la sottocultura di cui ero infarcita mi aveva convinta che l’unico modo per essere apprezzata da un uomo era quello di concedersi senza riserva alcuna. Niente di più falso. Anche in questo il Maligno ha lavorato bene.

Non ho mai tratto alcun beneficio da questo modo di ragionare, semmai sono sempre stata disprezzata ed abbandonata. Qualche volta anche maltrattata, ma questa è un’altra storia…

Era di S. Valentino. Un’amica mi invitò a mangiare una pizza con lei ed alcuni suoi amici. Ero sola, depressa. Accettai, ma solo perchè volevo affogare nel cibo e nell‘alcool il mio dolore. Così feci.

Dopo la pizza andammo in un locale dove suonavano dal vivo. Avevo già bevuto troppo, ma quando tutti ordinarono chiesi anch’io un whiskey. Ho ricordi un po’ sfocati. Ma lo ricordo come fosse ieri.
Eravamo seduti tutti in cerchio, io su un divanetto e le mie due amiche una a destra e l’altra a sinistra. Davanti a me un tavolino basso, intorno poltroncine dove sedevano gli altri amici. L’atmosfera era fumosa (si poteva ancora fumare nei locali pubblici), le luci soffuse, la musica alta… ero stordita dalla musica e dall’alcool. Ad un certo punto qualcuno mi passò una sigaretta… all’epoca fumavo due pacchetti di Camel al giorno e non mi chiesi la natura di quella sigaretta, mi limitai a prenderla ed a fumare.

La reazione fu immediata: improvvisamente, mi sentìì come sbattuta da una parte all’altra, l’amica alla mia destra mi disse: “Eh insomma! e smettila, stai un po’ dritta!” … dopo di che fu buio.

Quando “riaprii” gli occhi mi trovai in una specie di nicchia scura, da dove potevo vedere solo davanti a me. E quello che vidi non mi stupì al momento, ma fu stupefacente comprenderlo in seguito. Vidi due dei miei amici che portavano fuori una ragazza vestita di nero, con il vestito arrampicato sulle gambe che nessuno aveva avuto la carità di coprire… la portavano come si porta un morto, uno per le ascelle e l’altro per le caviglie… vicino a me c’era un tizio, mai conosciuto, lo riconobbi in quello che mi aveva passato la sigaretta. Il tizio guardava la scena e ridacchiava.
Tra me e me dissi, guardando la ragazza: “ma guarda te… guarda se per caso qualcuno si preoccupa di coprirmi le gambe…”. Quella ragazza ero io.

Mi risvegliai, stavolta tra i vivi, che stavo dando di stomaco sorretta dalla mia amica, che ne frattempo non faceva che – giustamente – rimproverarmi di essermi ridotta in quel modo.

Da quel giorno, ripensando a ciò che mi era successo, per la prima volta mi resi conto veramente che qualcosa al di fuori del nostro corpo esiste. Non so che tipo di esperienza fosse (mia sorella giura – da donna razionale e positivista qual’è – che si è trattato di una fantasia post traumatica) ma da quella esperienza in poi la mia vita subì un cambiamento. Non posso non credere che quello che successe allora fosse Volontà di Dio, il Quale voleva riportarmi a Lui ad ogni costo.

Ma ancora non ero convinta. Passato il primo momento di stupore tornai alla vita di sempre. Conobbi un ragazzo molto più giovane di me. Passai con lui la notte di Capodanno del 1988, ma – contrariamente al mio solito umore – il giorno dopo mi risvegliai distrutta… in una casa non mia, tra lenzuola non mie… il mio amico dormiva, accanto a me. Ebbi voglia di morire. Andai in bagno per fare una doccia ma un pensiero mi perseguitava… in fondo sarebbe stato facile morire. Eravamo al sesto piano. Bastava solo sporgersi un po’, la gravità avrebbe fatto il resto. Ma il mio Angelo Custode non lo permise e consolò la mia angoscia… Scoppiai a piangere disperata, seduta sul bidet, senza sapere che fare della mia vita. Non avevo una famiglia forte alle spalle, troppe difficoltà, troppe incomprensioni. Ero sola, mi credevo sola. Satana non mi permetteva di staccarmi dalla disperazione di credermi sola nell’abisso. Ed io ancora non avevo capito che l’unica cosa che mi avrebbe potuto salvare era la Preghiera, troppo abituata com’ero a credermi invincibile, forte, ed a bastare a me stessa. Eppure una piccola luce brillava nel mio cuore stanco e avvizzito… io la vedevo, tra le lacrime.

Nel frattempo il mio “amico” si era svegliato e, non trovandomi più a letto, era venuto a cercarmi. Mi trovò singhiozzante in bagno ed invece di capire e consolarmi si arrabbiò e mi disse in malo modo: “ora ti vesti e ti accompagno a casa”. Mi trattò come una mercenaria. E pensare che per quasi un mese era stato sempre gentile con me… ma gli era bastato avermi una sola notte per cambiare registro.

Tornai quindi a casa. In quel periodo non abitavo con i miei. Avevo accettato l’ospitalità temporanea di alcune amiche, universitarie fuori sede, con le quali dividevo l’appartamento. A casa però non avrei trovato nessuno, erano tutte fuori. Ero sola e non avevo voglia di rientrare… camminai tutto il pomeriggio poi, sfinita, rientrai e mi addormentai. Dormii fino alla mattina dopo, non andai in ufficio. Telefonai dicendo che non stavo bene, invece presi l’autobus ed andai in Piazza San Pietro… Avevo bisogno di stare proprio là e non altrove. Entrai in un negozio di articoli religiosi, comprai un piccolo Crocifisso di legno e lo tenni in tasca.

Quello fu l’inizio della Conversione. Per la prima volta mi ero resa conto della presenza del Maligno nella mia
vita e – a modo mio – stavo cercando protezione. Ancora non ero arrivata alla decisione di rientrare pienamente in seno alla Chiesa di Dio. Avevo troppa paura del mio prossimo. Ma quello fu l’inizio della risalita.

Tornai nel mio quartiere, entrai in Chiesa… era deserta. Non c’era nessuno. Mi avvicinai all’acquasantiera ed immersi il Crocifisso nell’Acqua. Pregai silenziosamente, dissi nella mia mente: “Gesù, Ti prego, aiutami! Se non fai qualcosa Tu, la faccio finita”… Poi mi inginocchiai e mi misi a piangere, le lacrime uscivano da sole, non volevo piangere, ma fu come un ruscello… scaturivano da sole e da sole scorrevano. Dopo mi sentii meglio, più sollevata. Ma ancora non avevo cambiato pelle.

Tornai a casa. Non c’era nessuno. Mi buttai sul letto vestita, con tutte le scarpe e dormii profondamente. Mi svegliò la mia compagna di stanza che era notte fonda. Il giorno dopo andai a lavorare, come al solito. Ma qualcosa in me era profondamente cambiato. Il 15 luglio di quell’anno compivo 30 anni. Il giorno del mio compleanno, quasi sei mesi dopo la mia richiesta di aiuto, mi svegliai facendo un giuramento: mai più avrei buttato via la mia esistenza in quel modo. Stavo risalendo dall’abisso.

Gli anni che seguirono non furono certo facili, nè completamente privi di cadute … ma almeno avevo cominciato a mettere ordine nella mia vita. Non cercai più l’anima gemella ma mi dedicai al lavoro. Dopo qualche tempo tornai a casa dai miei i quali furono felici di riaccogliermi, un po’ meno i miei fratelli che temevano le mie intemperanze ma presto anche loro si resero conto che ero cambiata. Più matura, più responsabile, meno impulsiva, più riflessiva e soprattutto meno egoista. La salute di mio padre – già provata dall’ictus che l’aveva colpito tempo addietro, a soli 52 anni – era peggiorata. Camminava male ed era costretto ad usare il bastone. Di lì a poco sarebbe finito su una sedie a rotelle e successivamente non si sarebbe più alzato dal letto. Morì nel 1997.

In tutti quegli anni mi ero esclusivamente dedicata al lavoro ed ai miei genitori, anche se purtroppo lavorando dalla mattina alla sera non era molto il tempo che potevo dedicare loro. Ma il fatto che la sera ero sempre in casa li consolava. Avevo abbandonato le amicizie sbagliate, ero completamente sola eccezion fatta per le colleghe di lavoro le quali, però, mi vedevano come una specie di Cenerentola e come tale mi trattavano. Non mi sottrassi mai alle umiliazioni, anche se mi facevano arrabbiare e ci soffrivo. Non avevo ancora capito che il Signore mi stava, tramite le umiliazioni e la fatica del lavoro, educando alla “porta stretta”. Se solo le persone capissero il valore di queste due parole!

Satana non mi mollava un attimo. Non sopportava che avessi trovato la Roccia di Salvezza a cui aggrapparmi. Era furibondo. In quel periodo costellò il mio cammino di tranelli. Sapeva bene che il mio punto debole era il sentimentalismo ed una certa debolezza di carattere e tramite quelli cercava di farmi cadere di nuovo. Fu incredibile, in quel periodo di Rieducazione sentimentale, il numero di uomini affascinanti che mise sul mio cammino, resistere ai quali fu un’impresa difficile. Mai come allora ero stata corteggiata… ma in qualche modo avevo aperto gli occhi, avevo cominciato ad intravedere qualcosa della Verità, anche se la mia vista era ancora offuscata. Ma, per la prima volta, mi ero resa conto di essere stata completamente cieca ed avevo, quindi, affidato i miei passi a Lui, la cui Vista era incomparabilmente più acuta di qualsiasi altra…

Eppure non ero tornata ancora ai Sacramenti nè avevo sentito il bisogno della Riconciliazione.

Gli anni passavano, i giorni scorrevano più o meno tranquilli ma non sereni. Non ero una persona gioiosa, al contrario. Ero triste, stanca e pensierosa. Eppure ero più forte. Qualcuno mi era vicino come mai prima e ne sentivo la Presenza nella mia vita. Cominciai a rendermi conto della Presenza di Dio e dell’Angelo Custode in particolare. Un giorno mi salvò da una brutta caduta che avrebbe avuto sicuramente gravi ripercussioni sulla mia salute. Mi sentii sollevare da terra, non so descrivere come, mentre invece avevo entrambi i piedi imprigionati nelle cinghie dello zaino di un ragazzo, per terra sul bus. Stavo scendendo dal bus e inciampai proprio mentre scendevo. Pensai “ora mi sfracello faccia avanti sul marciapiedi…” ed invece mi ritrovai non so come in piedi, mi guardai intorno per capire cosa fosse successo e chi mi avesse sollevata per le spalle impedendomi di cadere a faccia avanti. Non c’era però nessuno vicino a me. Nessuno si era accorto di nulla.

Lo raccontai a mia sorella, ma mi prese per matta. E’ convinta che io sia una visionaria megalomane. Le rispondo che la Storia del Cristianesimo è costellata di “visionari megalomani” e che molti di loro sono Dottori della Chiesa. Fa spallucce. Mio fratello è simpatizzante scintoista, con punte elevate di sincretismo. Per lui l’anima non esiste e la coscienza laica è l’unico riferimento credibile. I miei genitori non erano praticanti, mia madre si è sempre definita atea – questo però non le ha impedito di sposarsi in Chiesa e di Battezzare, Comunicare e Cresimare tutti e tre i suoi figli… Con mio padre di queste cose non si è mai parlato. Non c’è mai stata confidenza con lui. Hanno iscritto me e mia sorella dalle Suore perchè era l’unica scuola decente di tutto il quartiere.

Gli anni continuarono a passare ed io li spendevo tutti tra il lavoro ed i miei genitori. Cinque anni dopo la morte di mio padre, anche mia madre si ammalò. Finì in coma, due mesi in rianimazione ed uno di ricovero post-rianimatorio. Grave deficit respiratorio e cardiaco. Non fu più in grado di camminare nè di badare a se’ stessa. Assumemmo una badante che però non fu in grado di occuparsi di lei come doveva e non avevamo soldi sufficienti per assumere una infermiera. Alla fine fui costretta a lasciare il mio lavoro (che avevo da dieci anni) per occuparmi di lei. I miei fratelli cercarono di dissuadermi, ma il pensiero di dover ricoverare mia madre in un Hospice mi lacerava il cuore. Sapevo che lasciare il lavoro a 44 anni sarebbe stato un salto nel buio, che probabilmente non avrei più trovato un altro lavoro… ma dentro di me Qualcosa mi spingeva al sacrificio. Il Signore aveva cominciato a compiere la Sua Volontà in me.

Cominciai a studiare infermieristica, attrezzai la mia stanza con il letto ortopedico e tutte le cose che servono alla cura di un malato. Mia madre andava e veniva dall’ospedale, ogni tanto aveva crisi cardiache che ne richiedevano il ricovero. Ma per due anni l’ebbi con me e tutta per me… lei me ne fu grata, fino al giorno della sua morte.

Durante il periodo in cui mi occupai H24 di mia madre conobbi un uomo via Messenger. Non ero una fan dei social network, ma in quel periodo mi sentivo molto sola. Vivevo in compagnia esclusiva di mia madre che, purtroppo, la malattia aveva reso quasi completamente incapace di intendere e di volere. Le mie giornate passavano tra la sua cura personale e la somministrazione dei farmaci, ne prendeva molti e tra un farmaco e l’altro bisognava far passare un quarto d’ora, cosicchè tutta la giornata era scandita da questi ritmi. Ero libera solo dopo le 22.00, quando, messa a letto mia madre e averle somministrato l’aerosol, potevo concedermi una pausa fino all’ora di andare a letto. Così facevo due chiacchiere in Messenger.

Conobbi Pietro durante una di queste chiacchierate. Lui era molto disponibile all’ascolto e gentile, io ero bisognosa di raccontarmi. Facemmo amicizia e piano piano mi accorsi che per me quelli erano i momenti più felici di tutta la giornata. Cercavo in lui un amico, un confidente, non mi rendevo conto che invece lui cercava altro, anche perchè non me l’aveva mai chiesto.

In poche parole, non appena ebbi un po’ più di tempo libero uscimmo insieme. Sapevo che era separato, sapevo che aveva due figli grandi che avevano sempre vissuto con lui da quando la moglie lo aveva lasciato. Non mi ero però posta alcun problema perchè all’epoca non sapevo (troppo ignorante in materia di Catechismo) che una relazione con un uomo separato concretizzasse il peccato di adulterio… Il Maligno tesseva di nuovo la sua tela, di nascosto, senza che me ne accorgessi. Il richiamo del mondo era ancora troppo forte in me.

Ne ebbi la conferma quando, tempo dopo e con la morte di mia madre, il rapporto tra noi due cambiò. Lui cominciò ad essere meno gentile. Divenni sospettosa. Cominciai ad accusarlo di volermi vedere solo per un fatto di comodo. In me si stava riaffacciando la ragazza viziata e sprezzante di una volta – Satana ridacchiava soddisfatto. Cominciai a pensare male di lui. Erano liti continue. Anche nei momenti più sereni non mi sentivo soddisfatta. Mi sentivo disprezzata.

La morte di mia madre mi aveva lasciato una strana sensazione, come se non fosse scomparsa dalla mia vita perchè (ed era questa la Grazia che il Signore aveva in serbo per me) la sentivo più vicina e più viva che mai, nonostante non fosse mai stata una donna devota. Ho sempre saputo che la Misericordia del Signore è più grande dei nostri peccati, e sono convinta che nel momento della morte mia madre si sia affidata a Lui…

Così come so che nel momento della morte (e lo so perchè c’ero io con lui, ero presente al Passaggio) mio padre sia stato “preso” da Qualcuno che emanava una grande Luce. Io questa Luce l’ho vista sul suo volto pochi minuti prima che i suoi occhi si chiudessero per sempre. E questo è – forse – il fulcro di tutta la mia testimonianza. In quel momento provai una grande Pace. Il mio cuore, che fino ad un momento prima era stato in preda all’angoscia, improvvisamente si acquietò, come si erano acquietate le acque al comando di Gesù. Ancora non sapevo che quel senso di Pace veniva dal Signore, e – stupidamente – per parecchio tempo provai un senso di colpa perchè non ero stata capace di disperarmi. Stupida ero, ed ancora cieca.

Nei giorni immediatamente successivi alla morte di mia madre sentivo, per la prima volta, che l’amore dei miei genitori si era trasformato in qualcosa di immensamente più grande e più importante. In confronto, il sentimento mondano che provavo per Pietro era qualcosa di molto simile ad un surrogato, e così era il sentimento che lui provava per me. Un surrogato. Le incomprensioni fra noi crebbero, fino a quando una sera mi resi conto che – ancora una volta – mi stavo buttando via. Quella fu un’altra grande Grazia che il Signore Gesù volle donarmi, nonostante Gli avessi, ancora una volta, disobbedito.

Ero rimasta sola, senza un lavoro e senza un soldo. Se non fosse stato per mio fratello (che nel frattempo si era trasferito altrove) non avrei saputo come pagare l’affitto, per fortuna adeguato al mio reddito, della casa popolare dove ancora vivo. Sola, quindi, senza un lavoro e senza soldi, Pietro poteva rappresentare una risorsa ma non volli mai che lo diventasse… ancora una volta, il Signore venne in mio aiuto. A distanza di poco meno di due mesi dalla morte di mia madre, trovai insperabilmente un lavoro in uno studio legale a part-time. Solo 500 euro al mese, ma sapevo che mi sarebbero bastate. I miei fratelli erano scettici, temevano che prima o poi avrei avuto bisogno di loro, ma il Signore lavorava incessantemente nella mia vita e mi insegnò la sapienza della povertà.

Da quel giorno sono cambiate molte cose. Ho interrotto la relazione con Pietro circa sei anni fa, da quando cioè sono tornata ai Sacramenti. Lui non l’ha presa bene, ormai si era abituato. Ho pregato molti Rosari, ho pianto molte lacrime e mi sono prostrata faccia a terra molte volte in quel periodo, chiedendo alla Santa Vergine di liberarmi da un legame di peccato. E Lei mi ha liberata ma non solo… ha fatto in modo che tra me e Pietro nascesse il più bel legame di amicizia di tutta la mia vita. Ora sono sola, al momento senza lavoro (la crisi ha colpito tutte le piccole imprese e due anni fa sono stata licenziata anch’io, dopo otto anni), posso contare solo sui risparmi, ma mai come oggi posso dire di essere in Pace con me stessa.

Ogni tanto non posso fare a meno di guardare indietro (e questa testimonianza ne è il risultato) e, anche se mi guardo bene dal sentirmi soddisfatta del mio procedere – perchè ognuno di noi è in continuo Cammino verso il Signore – eppure non posso non riconoscere la firma di Gesù Cristo nella mia vita.

Ho affidato tutta la mia esistenza, tutto ciò che io sono, tutte le mie sofferenze e le mie gioie (poche) a Colui che mi ha salvata la vita. Con l’aiuto di Dio saprò portare la mia Croce.

E, come Maria, innalzo a Lui il mio personale Magnificat.

L’anima mia magnifica il Signore,
ed il mio spirito esulta in Dio
mio Salvatore.

Ha guardato nell’abisso nel mio cuore,
ha avuto pietà del mio
peccato…

Mi ha teso la Sua Mano
e mi ha strappata
dalle fauci del Maligno,
ha salvato la mia vita e
non mi ha chiesto nulla in cambio.

L’anima mia magnifica il Signore,
ed il mio spirito esulta in Dio
mio Salvatore.

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Informazioni su Maria Cristina Pezzuti 38 Articoli
All'alba dei trent'anni mi accorsi che la mia vita era un abisso di nullità... ho chiesto aiuto a Gesù e da quel giorno la mia vita è cambiata, lentamente ma progressivamente ho compreso il valore dei Sacramenti, della preghiera e della testimonianza. Soprattutto ho compreso quanto sia importante testimoniare la propria Fede affinchè altri possano sentirsi meno soli.