Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.
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Quesito
Gentile padre Angelo,
ho letto che, secondo Tommaso d’Aquino, si possono riconfessare dei peccati già confessati e per i quali si è già ottenuta l’assoluzione. Tutto ciò, non per sfiducia nella Divina Misericordia, ma per ottenere una maggiore Grazia e, possibilmente, sperare di ottenere un accorciamento della pena da scontare in Purgatorio. Le risulta che sia così?
La ringrazio e La saluto cordialmente.
Caterina.
Risposta del sacerdote
Cara Caterina,
1. San Tommaso non lo dice espressamente, anche perché ha troncato di scrivere la Somma teologica proprio quando stava trattando il sacramento della penitenza.
Lo lascia, però, intuire quando risponde ad una obiezione espressa in questi termini: “un peccato commesso una volta si è tenuti a confessarlo una volta sola. Se quindi uno non ripete la colpa, non è necessario che la confessione sia frequente” (Supplemento alla Somma teologica, III, 9, 4, ob. 2).
San Tommaso replica dicendo che accusarlo frequentemente “non è essenziale, ma solo completivo della confessione” (Ib., ad 2). Ciò significa che può giovare all’espiazione della pena a motivo del rinnovato pentimento.
2. Tuttavia vanno fatte delle distinzioni.
Riaccusare in ogni confessione i peccati della vita passata può diventare motivo di confusione per il confessore il quale faticherebbe a distinguere se siano peccati nuovi o peccati vecchi.
Senza ripeterli espressamente si può concludere brevemente, come fanno diversi penitenti, dicendo: “Intendo accusare anche tutti i peccati della vita passata”.
3. L’accusa specifica dei peccati già confessati può essere fatta in occasione della cosiddetta confessione generale.
Questo tipo di confessione è necessaria per coloro che si convertono.
Ma per coloro che si confessano abitualmente va fatta se c’è un motivo proporzionato come ad esempio un grande evento o un’importante ricorrenza per la propria vita.
In passato veniva richiesta a chi rientrava nella vita religiosa o alla vigilia di ricevere l’Ordine sacro del sacerdozio.
Veniva consigliata in occasione degli esercizi spirituali annuali. In questo caso si intendeva fare la confessione generale non di tutta la vita ma dagli ultimi esercizi spirituali, per evidenziare l’andamento, la perseveranza, il progresso o l’eventuale regresso.
Papa Giovanni nel Giornale dell’anima annota di essersi preso questo impegno in occasione degli esercizi spirituali annuali.
4. Fece la confessione generale di tutta la vita in due occasioni particolari: il 25º di sacerdozio e il compimento degli ottant’anni, quand’era già Papa.
5. La confessione generale va sconsigliata o a addirittura proibita alle persone scrupolose, che trovano motivo di peccato in tutto.
Sarebbe per loro motivo di ulteriore ansietà.
6. Inoltre va ricordato che la diminuzione della pena temporale e l’aumento di grazia sono legati più alla contrizione, e pertanto al pianto per i propri peccati, che all’accusa.
Per pianto non si intendono le lacrime degli occhi, ma quelle del cuore.
Inoltre la diminuzione della pena temporale e l’aumento di grazia sono legate alle opere di carità e di penitenza più che alla ripetizione dell’accusa.
7. San Tommaso quando riprende le varie caratteristiche della confessione insegnate dai maestri medievali, dopo aver detto che deve essere semplice, scrive: “Non deve essere avvolta dalla prolissità. E contro tale difetto si dice che deve essere semplice: in modo cioè che non si dica in confessione se non ciò che riguarda la gravità del peccato.
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo
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