Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.
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Quesito
Caro padre Angelo,
quando gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo poterono fare tante cose, una di queste parlare più lingue e farsi intendere da tutti.
Perché allora San Marco evangelista viene attestato come l’interprete di Pietro a Roma?
Se i primi cristiani avevano questo dono perché San Paolo e Barnaba, quando vengono portati in trionfo per il miracolo del paralitico, inizialmente non capiscono bene il dialetto dei pagani e solo dopo capiscono che pensavano che fossero degli dei e allora Paolo dice loro la verità su Gesù?
Andrea
Risposta del sacerdote
Caro Andrea,
1. è vero, gli Atti degli Apostoli dicono che coloro che si trovavano a Gerusalemme in quel giorno di Pentecoste, ed erano ebrei provenienti da 14 nazioni regioni diverse, udivano gli Apostoli parlare nella loro lingua nativa.
Si tratta di quel fenomeno carismatico che passa sotto il nome di glossolalia.
2. Si danno due interpretazioni di tale fenomeno.
La prima è quella classica, la seconda è quella propria di alcuni studiosi contemporanei.
Secondo l’accezione classica “la glossolalia o dono delle lingue consiste ordinariamente in una conoscenza infusa di idiomi stranieri senza nessun previo studio od esercizio. Il prodigio si verifica in colui che parla o in coloro che ascoltano, secondo che si parla o si intende una lingua fino allora sconosciuta.
Alle volte però il miracolo assume un carattere ancora più meraviglioso: mentre l’oratore si esprime in un idioma straniero, gli uditori lo ascoltano nel loro linguaggio completamente differente; o quello che è ancora più prodigioso, uomini di diverse nazioni ascoltano, ciascuno nel proprio idioma, quello che l’oratore va dicendo in un solo idioma completamente diverso” (A. Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, pp. 1047-1048).
3. Secondo altri invece (e questa è la nuova accezione) il dono delle lingue non avrebbe nulla a che fare con la predicazione. Si tratterebbe di un fenomeno carismatico riferito alla preghiera.
Sarebbe dunque un modo di pregare e non di predicare.
San Paolo accredita questa interpretazione quando dice: “Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose” (1 Cor 14,2) e “in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue” (1 Cor 14,19).
4. Secondo l’esegeta F. Prat “non sappiamo dire con precisione in che consista questo dono. Tuttavia la Scrittura insegna almeno ciò che non è. Non ha certamente per oggetto la predicazione del Vangelo. Quando il giorno della Pentecoste gli Apostoli cominciarono “a parlare lingue diverse secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi” non si dirigevano al popolo” (Teologia di San Paolo, p. 148).
5. È bene, che cosa è avvenuto nel giorno di Pentecoste? Ciò che si è descritto nella prima interpretazione oppure nella seconda?
La Bibbia di Gerusalemme favorisce la seconda interpretazione: “Il dono delle lingue o glossolalia è il dono di lodare Dio proferendo, sotto l’azione dello Spirito Santo e in uno stato più o meno estatico, suoni incomprensibili. È ciò che Paolo chiama parlare in lingue o parlare in lingua. Questo carisma risale alla Chiesa dei primissimi anni, era il primo effetto sensibile della discesa dello Spirito nelle anime” (nota a 1 Cor 12,10).
6. In ogni caso, tuttavia, si tratta di un carisma e i carismi in senso stretto come quello del dono delle lingue o anche del miracolo vengono dati da Dio in maniera transeunte, di passaggio, sul momento.
Non sono dati in maniera permanente.
7. Allora non fa difficoltà che gli Apostoli si siano espressi in lingue nuove solo nel giorno di Pentecoste, e poi – almeno da come appare dalla Sacra Scrittura – non abbiano più fruito di tale carisma.
8. Gesù, parlando agli Apostoli dopo la sua risurrezione disse che avrebbero parlato lingue nuove (Mc 16,17).
In quel medesimo contesto disse anche: “Imporranno le mani sui malati e questi guariranno”.
Ed ecco il commento di San Gregorio Magno: “Allora forse noi che non facciamo questi segni non crediamo? Ma queste cose furono necessarie agli esordi della Chiesa. Affinché infatti crescesse la fede dei credenti, dovette essere nutrita dai miracoli; come anche noi, quando piantiamo gli arbusti, infondiamo in essi l’acqua finché non si sono irrobustiti; ma una volta che hanno messo radice, cessiamo di innaffiarli.
Ma in questi segni e virtù vi sono delle cose che dobbiamo considerare più sottilmente.
La Santa Chiesa ogni giorno fa spiritualmente ciò che allora gli Apostoli facevano corporalmente: infatti i sacerdoti, quando per grazia dell’esorcismo impongono le mani ai credenti e impediscono agli spiriti maligni di abitare nelle loro menti, che cosa fanno d’altro se non scacciare i demoni; e ogni fedele che abbandona le idee del secolo e conserva i suoi pensieri rivolti ai santi misteri, parla delle lingue nuove, mentre prende dei serpenti con la mano strappando il male dal cuore dei suoi fratelli mediante i suoi buoni consigli. Coloro che, intendendo delle proposte dannose, non le seguono realizzandole, bevono del veleno ed esso non li danneggerà; e coloro che, tutte le volte che vedono i buoni indebolirsi nel bene, fortificano la loro condotta con l’esempio delle loro azioni, impongono le mani sui malati e li guariscono; miracoli tanto più grandi poiché appartengono allo spirito, e grazie ai quali non sono i corpi, ma le anime che sono strappate alla morte” (Omelie sui Vangeli).
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo