La prigione di Giovanni in un modo o nell’altro è la nostra casa dove abitualmente dimoriamo. Siamo domiciliati fra quattro mura di solitudine, incomprensioni, tristezze, in mezzo a paure e sospetti, incatenati da necessità e bisogni, illusi e delusi dagli amici se non addirittura dai nostri cari.
Sei tu colui che deve venire e che aspetto con impazienza? Il dubbio mi assale prepotentemente. Avevo tanto sperato, come i discepoli di Emmaus, avevo tanto sperato che Tu risolvessi i problemi, mi tirassi fuori da questo vivere grigio e insignificante. Ti avevo dato fiducia, speravo che le tue spalle fossero un sicuro appoggio per me e il tuo cuore un porto protetto. Sei Tu, sei Tu oppure devo cercare o aspettare qualcun altro.
I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i malati sono guariti. E’ lo stile del Natale e della venuta di Cristo. Non ci tira fuori, ma viene dentro le nostre situazioni di vita per aiutarci a camminare e andare sempre avanti con quella pazienza del contadino della seconda lettura che è fede e speranza. Solo fede e speranza.
Fammi credere, Signore, per dire insieme ad Isaia agli smarriti di cuore: coraggio, non temete, il Signore viene a salvarci.
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