E’ la vita che normalmente costituisce la verifica più esatta dell’autenticità della preghiera. Qui invece, nel passo del Vangelo, è il modo di pregare che diventa spia rivelatrice della nostra vita.
Niente da dire sulla figura del fariseo: osserva fedelmente i doveri religiosi, digiuna due volte alla settimana, paga le tasse, eppure …
Eppure in quel personaggio modello c’è qualcosa che non convince, una nota stonata, una sbavatura che compromette tutto. Ogni cosa al suo posto, un tipo irreprensibile, inappuntabile, eppure si avverte uno scricchiolio. Ecco, il fariseo ha l’alito che puzza e ce ne accorgiamo appena apre la bocca per pregare: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri. E nemmeno come questo pubblicano.
Sì, il fariseo ha l’alito che puzza, segno di una cattiva digestione della religione. L’altro, il pubblicano, non viene certamente presentato come modello di vita, non appare certo come un campione di onestà, è un peccatore e un peccatore pubblico, ma è un particolare che salva questo peccatore. Forse sono le poche parole smozzicate: O Dio, abbi pietà di me. O un gesto piccolissimo: si batte il petto; o lo sguardo: non osa alzare gli occhi.
All’apparenza sono dettagli, ma che risultano decisivi. Questo tornò a casa giustificato e perdonato, l’altro invece no. L’altro invece no perché non ha bisogno di Dio e si sente a posto. Il peccatore invece conta solo sulla forza di Dio e sul suo perdono.
Due uomini salirono al tempio a pregare. Anche noi saliamo spesso al tempio a pregare, ma come?
Le video riflessioni di Don Mauro Manzoni