Perché l’Eucaristia viene chiamata “frazione del pane” e perché è impo…

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Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.

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Quesito

Caro Padre Angelo, 
innanzitutto volevo ringraziarla per il suo prezioso render vera testimonianza.
Mi sono sempre chiesto, l’atto di spezzare il pane, spezzare il corpo, o meglio il cuore di Cristo (stando ai vari resoconti scientifici es. miracolo di Buenos Aires) cosa significa e perché è importante che avvenga.
La ringrazio in anticipo,
Elia.


Risposta del sacerdote

Caro Elia,
1. il primo nome con cui l’eucaristia è stata denominata è proprio quello di “frazione del pane”.
Quando i primi cristiani si radunavano per celebrare l’eucarestia dicevano: “Andiamo per la frazione del pane”.

2. È San Luca che presenta l’Eucaristia con questo nome negli Atti degli Apostoli: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42) e “Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore” (At 2,46).

3. Se questa espressione può indicare che i cristiani consumavano dei pasti in comune, vissuti come ricordo in continuazione dei pasti comune di Gesù con i suoi discepoli, tuttavia sempre negli Atti degli Apostoli questi pasti si caratterizzano anche come “cena del Signore” (1 Cor 11,20).
E proprio al rito dell’Eucaristia richiamano alcuni passi della Scrittura: “Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte” (At 20,7).
“Poi (Paolo) risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all’alba, partì” (At 20,11). 

4. Giovanni Paolo II dice chiaramente che la frazione del pane di cui si fa menzione in At 2,42 evoca l’Eucaristia e quanto Gesù ha fatto nell’ultima cena, l’anticipando quel sacrificio che avrebbe iniziato a compiere appena uscito dal cenacolo: “Nella «frazione del pane» è evocata l’Eucaristia. Dopo duemila anni continuiamo a realizzare quell’immagine primigenia della Chiesa.
E mentre lo facciamo nella Celebrazione eucaristica, gli occhi dell’anima sono ricondotti al Triduo pasquale: a ciò che si svolse la sera del Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, e dopo di essa.
L’istituzione dell’Eucaristia infatti anticipava sacramentalmente gli eventi che di lì a poco si sarebbero realizzati, a partire dall’agonia del Getsemani.
Rivediamo Gesù che esce dal Cenacolo, scende con i discepoli per attraversare il torrente Cedron e giungere all’Orto degli Ulivi. In quell’Orto vi sono ancor oggi alcuni alberi di ulivo molto antichi. Forse furono testimoni di quanto avvenne alla loro ombra quella sera, quando Cristo in preghiera provò un’angoscia mortale «e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra» (Lc 22,44). Il sangue, che aveva poco prima consegnato alla Chiesa come bevanda di salvezza nel Sacramento eucaristico, cominciava ad essere versato; la sua effusione si sarebbe poi compiuta sul Golgota, divenendo lo strumento della nostra redenzione: « Cristo […] venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, […], entrò una volta per sempre nel santuario non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione eterna » (Eb 9,11- 12)” (Ecclesia de Eucaristia, 3).

5. E poiché l’effetto proprio dell’Eucaristia è la nostra trasformazione in Cristo, il segno della frazione del pane sta a significare che anche noi, assimilati a Cristo, dobbiamo diventare pane spezzato per gli altri, pane che si dona, pane che si offre.
E dal momento che Cristo nell’Eucaristia si offre senza misura, anche noi dobbiamo donarci senza misura.
Nell’Eucaristia Cristo viene il noi proprio perché, trasformati in lui, ci doniamo senza misura.

6. Si comprende allora perché l’effetto ultimo dell’Eucaristia sia l’unità della Chiesa: i cristiani si nutrono di Cristo per poter farsi dono senza misura gli uni agli altri.

7. È San Tommaso che dice che l’effetto proprio dell’Eucaristia è la nostra trasformazione in Cristo: “L’effetto proprio dell’Eucaristia è la trasformazione dell’uomo in Dio” (IV Sent., 12, 12, 1, ad 1) e che “in virtù di questo sacramento avviene una certa trasformazione dell’uomo in Cristo per via della carità: e questo è l’effetto proprio del sacramento” (Ib., 12, 12, 2).
Come pure è sempre San Tommaso a ricordare che l’effetto ultimo dell’Eucaristia (che con linguaggio teologico viene chiamato: res) è “l’unità della Chiesa” (Somma teologica, III, 73, 4).

Ecco dunque l’importanza di questo gesto.
Con l’augurio che tutti noi possiamo trasformarci progressivamente in Cristo e farci dono senza misura gli uni agli altri, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo

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P.Angelo Bellon op, docente di teologia morale.