Oggi, 14 febbraio, è l’anniversario in cui san Josemaría capì che l’Opus Dei era anche per le donne. Ecco l’articolo che il sito dell’Opera mi ha chiesto per questa occasione
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Il 14 febbraio 1930 il Signore fece comprendere a san Josemaría che l’Opus Dei era anche per tutte le donne del mondo. In questo articolo don Mauro Leonardi cerca delle chiavi di lettura per questo avvenimento così fondamentale nella storia della prelatura.
In una sua lettera pastorale mons. Javier Echevarría scriveva che il 14 febbraio 1930 era stato il giorno in cui «nostro Signore fece comprendere a san Josemaría che l’Opus Dei era anche per le donne». “Io non pensavo che nell’Opus Dei ci dovessero essere donne”, aveva scritto il fondatore in una lettera rivolta specialmente alle sue figlie. “Ma il 14 febbraio 1930, il Signore volle che sentissi quel che prova un padre che non aspetta più un altro figlio, quando Dio glielo manda.
Da allora, mi sembra di avere l’obbligo di volervi più bene: vi vedo come una madre vede il figlio piccolo” [Josemaría Escrivá, Lettera del 29-VII-1965, n. 2] (Javier Echevarría , Lettera pastorale, febbraio 2015). Andrés Vázquez de Prada riporta un’affermazione ancora più netta: «Non ci saranno mai donne – neppure per scherzo – nell’Opus Dei» (A. Vázquez De Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, vol. I, p. 334). Posso dire che il 14 febbraio del 1930 in Josemaría Escrivá avvenne una «conversione»?
Se la intendo nel senso di passare da uno stato di peccato a uno di amore di Dio quest’espressione non è corretta ma se la intendo nel senso etimologico di “metànoia”, cioè di un modo di pensare che solo apparentemente cambia perché in realtà diventa più profondo, credo di non sbagliare.
Per provare a comprendere quello che comunque, essendo un disegno di Dio, rimane in gran parte un mistero vorrei provare a percorrere due piste di riflessione. In primo luogo direi che il motivo per cui nell’Opus Dei ci sono sia i maschi che le femmine è il medesimo per cui esistono i maschi e le femmine nell’umanità intera, e quindi nella Chiesa.
Spiegazione che pare ovvia ma che dice in realtà come la missione dell’Opus Dei si riferisca all’intera Chiesa e all’intera umanità. Aggiungerei poi una seconda considerazione di tipo più «spirituale». È lo sforzo di capire come anche gli uomini – i maschi – se vogliono essere fedeli della Chiesa debbono imparare ad essere “in attesa”, voglio dire cioè che essere ‘in attesa’ è qualcosa di propriamente femminile ma non è solo per le donne.
È, in ultima analisi, il senso dell’espressione tante volte ripetuta da Papa Francesco: «La Chiesa: è femminile»: «La Chiesa non è “il” Chiesa, è “la” Chiesa. La Chiesa è donna» (Papa Francesco, Discorso del 12 ottobre 2013). Questa verità è meravigliosamente resa dalla Scrittura quando sceglie di usare il medesimo verbo per il «formò» della Genesi con cui Jahvé trae la donna dalla costola dell’uomo (Gn 2, 22) e per l’«edificherò» della frase: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). È in greco oikodomein = costruire (una casa) e nella Genesi ebraica il verbo banah = costruire (una casa o altro). Significa che l’azione con cui Dio forma la donna è la stessa azione con cui costruisce ed edifica la Chiesa.
Ecco perché si ripete così spesso che la Chiesa nasce dal costato di Cristo come Eva è tratta dal costato di Adamo. Ecco perché la Chiesa è femminile. Non è solo un giochetto di articoli maschili o femminili. Questa spiegazione è il bisogno di una posizione verso Dio Padre e Creatore che colga la dimensione della femminilità al di là di ciò che è corporeo. Il prologo di Giovanni dice: «A quanti però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12).
Giovanni dice cioè che una sola posizione dell’uomo rende possibile divenire figli di Dio e questa posizione è quella dell’accoglienza del Verbo. Maria è la prima creatura a divenire figlia di Dio in senso soprannaturale: la prima e l’unica la cui accoglienza addirittura diventa maternità.
Non si può parlare di filiazione divina – fondamento dello spirito dell’Opus Dei -, se non si guarda anche al fatto che tale dono ha bisogno dello spazio della nostra accoglienza: ecco, in ultima analisi, la dimensione femminile di cui parlo e che richiedeva di materializzarsi nella presenza nell’Opus Dei anche delle donne. Prescindere da ciò sarebbe stato come voler provare a piantare un seme senza che ci fosse un terreno.
(Tratto più ampiamente di queste idee ne Il Signore dei Sogni (Ares, 2015) pp. 126-134.153-154)
Tratto da opusdei.it