Mi chiedo come sia possibile che l’amore venga definito irrazionale – …

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Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.

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Quesito

Salve Padre Angelo Bellon,
sono Filippo, ho 20 anni, non mi definisco credente; eppure, vengo molto spesso sul sito per leggere le risposte alle domande che la gente le pone.
Qualche giorno fa mi è venuto un dubbio riguardante il significato dell’amore e come questo possa essere visto agli occhi di noi uomini.
La Bibbia dice che Dio è amore e che l’amore è creazione, condivisione e dono. Io non posso amare se non spezzo me stesso e non divento umile donandomi all’altro e accettando l’altro.
A questo punto mi chiedo come sia possibile che l’amore venga definito irrazionale quando conosciamo la fonte di amore o anzi l’Amore stesso che è Dio e si è comunione con Lui. Non possiamo ovviamente capire tutto poiché siamo limitati, però da qui a dire che l’amore è irrazionale mi pare esagerato. 
Ho letto che alcuni filosofi definiscono l’amore come supra-razionale nel senso che a noi non è dato capirlo in quanto siamo creature non divine ma ciò non significa che non ha un senso.
Mi potrebbe dire di più al riguardo? Così a me verrebbe da pensare che l’amore sia più che razionale alla luce della rivelazione.
Grazie mille


Risposta del sacerdote

Caro Filippo, 
1. quando si parla di amore è necessario distinguere tra amore sentimento e amore come atto della volontà.
Questa distinzione poggia su una definizione di uomo ben precisa: l’uomo è unità di anima e di corpo.
Inoltre, quando parliamo di anima, intendiamo l’anima razionale e spirituale.

2. C’è dunque nell’uomo un amore maggiormente legato ai sensi ed è quello che tocca più direttamente la corporeità.
Qui possiamo dire che l’amore è irrazionale, vale a dire che non è supportato da un ragionamento.
Il motivo per cui alcune persone di primo acchito si piacciono è molto spesso irrazionale.
A posteriori si può dire che  nasce da affinità.
Ed è il motivo per cui tanto Aristotele quanto la Sacra Scrittura affermano che ogni animale ama il proprio simile.

3. C’è poi nell’uomo un altro amore, molto più nobile, ed è quello che nasce dalla conoscenza.
Questo amore, più che nel corpo, è radicato nell’anima. 
Non è fatto di puro trasporto sensibile, ma è elezione. Si vuole amare una determinata persona o una determinata realtà perché si comprende che quella persona o quella realtà è degna di essere amata.
Tale, ad esempio, è l’amore per Dio e per le realtà spirituali, come ad esempio per la patria.
Per questo già gli antichi dicevano che non ci può essere amore o attrazione per ciò che non si conosce (ignoti nulla cupido).

4. Di fatto, poiché l’uomo è unità di anima e di corpo, questi due modi di amare molto spesso si intersecano.
L’amore stesso per Dio nasce dalla conoscenza delle cose da lui fatte.
E questa conoscenza parte sempre dei sensi: meravigliati per la bellezza del creato, ci domandiamo se il creato sia spuntato da solo o se qualcuno abbia voluto che fosse costituito in maniera così sapiente.

5. È di qui che parte il ragionamento che conclude all’esistenza di Dio: “Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute” (Rm 1,20).
“Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore” (Sap 13,5).
Riferendosi ai pagani, il testo sacro dice: “Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dei, pensino quante superiori loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza” (Sap 13,3).

6. Ma c’è anche un amore squisitamente spirituale per cui, conosciuta la preziosità di una determinata realtà, si desidera condividerla con altri,
Tanto più che, condivisa, questa realtà non viene diminuita ma moltiplicata.
Questo è l’amore al quale tu accenni quando dici che l’amore è condivisione e dono.
A questo amore si riferiscono ad esempio le parabole evangeliche della pecora e della moneta perdute: “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto” (Lc  15,4-9).

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Padre Angelo

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P.Angelo Bellon op, docente di teologia morale.