
Fonte dell’articolo mauroleonardi.it
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Ti muovi tra le tue cose, tra le tue case.
Preghi nella tua sinagoga, tra la tua gente.
Leggi la tua storia, la tua vita.
E ti siedi.
E rimani in silenzio.
Come è bello il silenzio che c’è tra chi si conosce, tra chi si ama.
Che bello parlare senza parole.
Parlarsi di sguardi.
Ti guardo e ti amo.
Sono in silenzio per poterti dire tutto.
C’è un silenzio che è attesa.
C’è uno sguardo che è interrogazione, pretesa.
Hai letto di un lieto annuncio.
E invece taci.
Hai letto di liberazione, di guarigione, di proclami.
E ti siedi e non fai nulla.
Si, il figlio di Giuseppe, ha la bocca piena di grazia.
Se la apre, esce.
Voglio la tua bocca.
Voglio le tue parole.
Voi cosa volete?
Non può dare grazia se non dando sé stesso.
Voi cosa volete?
Qual è la sua patria?
Il cuore di chi lo ama.
Voi dove abitate?
Fategli vedere il cuore.
Ecco, quella è la sua patria.
Solo lì fa miracoli.
Nell’amore.
A casa sua.
Mi vuoi bene?
Questa è la sola domanda.
La sola identità.
Si, Amen.
Questa è la sola risposta.
Il solo inizio di ogni miracolo.