
V Domenica di Quaresima (Anno B)
Prima Lettura Ger 31,31-34
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.
Salmo responsoriale (Sal 50)
Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.
Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.
Seconda Lettura Eb 5,7-9
Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
Acclamazione al Vangelo (Gv 12,26)
Lode e onore a te, Signore Gesù! Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Lode e onore a te, Signore Gesù!
Vangelo: Gv 12,20-33
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
Il momento è ora
La liturgia ci sta introducendo al culmine della nostra vita di fede, cioè all’unica Pasqua del Signore. Domenica scorsa Giovanni ci ha parlato di un incontro tra due persone, Gesù e Nicodemo. In quest’ultimo ci possiamo riconoscere tutti: per le paure, i dubbi, il crollo delle nostre certezze, il buio delle nostre tenebre e infine l’incontro con la vera luce, Gesù. Questo evento avviene dopo che Gesù è ormai entrato festoso nella città di Dio, Gerusalemme. La gente lo ha accolto con rami di palme, d’ulivo, cantando e gridando “Osanna al Figlio di Davide”. Ma i farisei e i capi del sinedrio, invece, stanno già tramando per ucciderlo e per condannarlo. La liturgia ci fa fare alcuni passi in avanti e poi ci riporta indietro. Infatti, mentre domenica scorsa Gesù è già nella città di Gerusalemme, domenica prossima festeggeremo l’ingresso a Gerusalemme, le Sante Palme.
Il brano odierno si colloca al capitolo 12 di Gv. Ci troviamo a metà del vangelo e si appresta a raccontarci gli ultimi tempi della vita di Gesù, quelli più intensi.
Gesù ci parla dei due semi che cadono nella terra. In realtà sotto questo racconto si celano due grandi verità dell’uomo: crescere è doloroso, faticoso, è un po’ come morire e rinascere. Se vogliamo diventare “adulti maturi” dobbiamo morire a tante idee preconfezionate. In secondo luogo, Gesù ci ricorda che la vita ha senso solo se è donata, spesa, impiegata per qualcosa di grande, altrimenti è sprecata, fallita.
Più tardi comprenderemo il vero significato del seme. Lo capiremo alla morte di Gesù: 12,32 E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me. Durante questi eventi Gesù soffre, a paura della morte: Mt 26,42; ma nonostante tutto, Gesù va fino in fondo alla sua missione. È il destino del seme che cadendo sulla terra, se non muore non può portare frutto.
Gesù a predicato lungo il cammino, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Egli sapeva di correre qualche rischio, ma tutto sommato non tanto gravosi. Ora è giunto a Gerusalemme, il centro delle attività politiche/religiose. Qui ha difronte personaggi come Pilato = Roma – il potere; Caifa = Tempio – religione. Ora è giunto al suo bivio, ora deve decidere se continuare la missione, sapendo con coscienza cosa gli attente, oppure lasciare tutto e continuare a vivere come ogni uomo sottoposto al potere romano e al potere religioso. No! Gesù è stato mandato dal Padre per ristabilire l’ordine Divino.
Adesso è proprio giunto il tempo di prendere una decisione: andare a Gerusalemme, oppure no. E sa che è una scelta senza ritorno. Non sarà più come prima, mai più.
La vita ci pone davanti ogni giorno delle scelte: a volte sono semplici, a volte un po’ più complesse. Ma in qualche ora la vita ci riserverà delle scelte senza ritorno. Verranno dei momenti in cui ci verrà chiesto di fare delle scelte coraggiose, difficili, ardue. E da certi incroci non si tornerà più indietro.
Certi treni non passano più, certe situazioni ci capitano solo una volta nella vita e certe occasioni colte ci cambiano la vita. Certe direzioni vanno prese in quel preciso momento: non prima e non dopo. Certe scelte non si ripeteranno: vanno compiute adesso o mai più. Gesù sa che deve andare a Gerusalemme adesso, ora, e lo fa.
Un uomo un giorno si ritrova con una grande afflizione. Perde il gusto della vita. Gli viene detto che non potrà avere figli. È la fine, il buio totale. Tutto quello che riesce a fare e immergersi totalmente nel lavoro. Infatti chiede che gli vengano assegnati compiti difficili e pericolosi. È una scelta di vita che quel momento richiede. È difficile prendere una decisione, eppure lo fa, sapendo a quali rischi va incontro. Poi miracolosamente riesce ad avere figli, ed ora che si fa? Devi essere responsabile, capace di vedere in quello che fai e credere in quello che fai. Quell’uomo ha continuato la sua missione, perché credeva che era la cosa giusta da fare. Gesù è andato avanti nella sua missione, pur sapendo di dover salire sulla croce, per questo dice: 12,32 E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me.
Una giovane donna vive una
storia sentimentale, è sicura del suo ragazzo. La mamma versa in condizioni di salute precarie e non sa se vivrà abbastanza per vedere la figlia sposata. È il momento, il tempo è maturo. Prende la decisione e si sposa. Non è un matrimonio come di consueto fanno tutte le ragazze della sua età, ma questo non importa, è il tempo che ti chiede di fare quel passo importante della vita, e lo compie con maturità e consapevolezza. Ha avuto il suo scopo, la mamma si è addormentata e nel suo cuore porta la serenità di aver visto la figlia compiere un passo importante della sua vita. Era il momento.
La vita ci invita a prendere delle strade, a fare certe scelte, a compiere certi salti. Il momento è “ora”, lo sentiamo, lo avvertiamo, il tempo è maturo e la cosa dev’essere fatta. Ma sono incroci, strade di non ritorno, cambiamenti radicali, e ci fanno paura.
“Quando è ora – dice Gesù – è ora. Se bisogna andare a Gerusalemme – e lo sentiva – bisogna andare”. Sono i momenti cruciali della vita, e sono proprio una crucis! Ma sono i momenti decisivi in cui noi plasmiamo la nostra vita e le diamo una forma: la nostra forma.
In questo brano Gesù usa a più riprese il termine “gloria – glorificare”, dal Greco Doxa. Il termine che usa Gesù, gloria non vuole tanto significare un termine di autostima, di grandezza, adulati, venerati. Quando una persona viene nominata per un evento, o viene messa al centro di un argomento, o viene premiata per qualcosa che ha fatto, questo gloria è esaltazione di se stessi, innalzarsi agli altari. Questo modo di gloria è un mettersi al posto di Dio.
Quante volte capita a ognuno di noi! Il parroco vede che sei bravo in una cosa, lo dice apertamente e ti senti glorificata, superiore; in parrocchia sei quella che sei sempre al centro di ogni situazione e ti fai una autostima: tutti mi cercano, tutti mi stimano, senza di me voglio vedere cosa sapranno fare? Io ho fatto questo, io ho fatto quello. Quando quella persona ha avuto bisogno non c’era nessuno a sostenerla, io sono andata, io ho fatto. Io, io e solo io. Ma D-io dov’è nella tua vita? Credi di vivere per Dio ma in realtà stai vivendo per il “IO”.
La gloria di cui parla Gesù è tutt’altra cosa. Gesù non sta esaltando se stesso, ma il Padre: 12,28 Padre, glorifica il tuo nome. Gesù fa vedere Dio – la gloria – quando opera le guarigioni, accoglie i peccatori, resuscita Lazzaro, la trasfigurazione, dice le beatitudini. Ma la gloria di Gesù – Dio si manifesta nella croce. Nella croce noi vediamo che Dio non si sottrae alla morte e a quella morte, per amarci, per starci vicino, per vivere fino in fondo la sua missione.
Gesù dice: non vedi cosa ho fatto per te? Che altro devo fare per dimostrarti il mio amore? Mi sono preso cura di te, nei momenti di difficoltà dove tutti ti hanno abbandonato, io non ti ho abbandonato, perché dunque non capisci, non guarisci nel tuo cuore, non impari a non parlare male dei tuoi fratelli: credevi fossi come te? Salmo 50,21 [16] All’empio dice Dio: “Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, [17] tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle? [18] Se vedi un ladro, corri con lui; e degli adùlteri ti fai compagno. [19] Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua ordisce inganni. [20] Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre. [21] Hai fatto questo e dovrei tacere? forse credevi ch’io fossi come te! Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati”.
Impara a vedere nelle persone che ti stanno vicino quali sono i veri amici e quali quelli che ordiscono inganni contro di te; non assillare il tuo fratello con le tue dicerie; non soffocare il tuo fratello con il tuo fanatismo e vanto di essere chissà chi, siamo semplicemente figli di un Dio che ci ha Amato e vuole che ci Amiamo tra di noi. Non essere avara dei tuoi desideri o pensieri. Non dire cose che non sono vere per il solo motivo di poterti vantare sugli altri. Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto: esci dal tuo Egitto e entra nella Gerusalemme celeste dove troverai il tuo Dio.
Allora alzo il mio sguardo verso l’alto, verso la croce, e non ho più paura, ma dico: “Signore mi vuoi davvero tanto bene. Se hai fatto tutto questo per me!”. “Dio mi ama tanto da morire su un legno di croce”. “Anche se non sono come tu mi vuoi, anche se il mio peccato e rosso e a causa del mio modo di vivere tutti mi odiano, tu o Dio mi accogli, mi accetti, non mi rifiuti”.
Nel gergo biblico la parola Gloria è per indicare qualcosa al di sopra della dimensione terrena, quando qualcosa di divino si mostra nella nostra vita.
Il seme deve morire, in ebraico aramaico BAR = figlio.
Gesù è in cammino con i suoi discepoli e sa dove sta andando, a Gerusalemme. Lungo il cammino prepara i suoi annunziando quello che gli accadrà, che i sommi sacerdoti, i capi del sinedrio non lo accoglieranno per quello che Egli è, ma cercheranno di ucciderlo. Pietro in Mt 16,24 [21] Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. [22] Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. [23] Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. [24] Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Ci viene da parlare come Pietro: ma si può morire per delle persone che non si conoscono? Perché tu Gesù che ti sei dichiarato Signore e noi ti abbiamo riconosciuto come tale, vai a Gerusalemme sapendo cosa ti aspetta? Gesù ma lo sai che se muori, con te morirà tutto quello che hai predicato? Con la tua morte tutto finirà nel nulla.
Sentiremmo anche noi la voce di Gesù che dice, ora ripeti il tuo nome: ___________ mettiti dietro a me se vuoi davvero seguirmi, io sono il tuo maestro e Signore. Se il seme non cade e muore, non può germogliare l’albero della vita. La morte non è un finire tutto nel vuoto, ma un procreare.
Una donna era in attesa ed era giunta al settimo mese. Un giorno viene colpita da dolori atroci. La corsa in ospedale, subito in sala operatoria e quasi una sentenza dei medici: dobbiamo farla partorire subito ma non abbiamo la certezza che riusciamo a salvare il bambino, altrimenti muore la mamma. La donna sente quello che il medico diceva al marito e prontamente li interruppe: no dottore! Il bambino deve nascere e voi lo dovete salvare. Ma signora così rischiate di non farcela voi! Ma la donna ribadì: no il bambino deve nascere, e anche se io dovessi morire mio figlio diventerà la mia vita. Il coraggio di ogni mamma, il momento di dare alla vita è sempre un atto di coraggio. Il bambino venne alla luce e la mamma fece in tempo a vedere il figlio per potersi addormentare sapendo di aver salvato la VITA. Il seme che muore.
Allora il seme è già dentro di me, dentro di te (ripeti il tuo nome) ________, aspetta solo di poter uscire e morire nel terreno per poter diventare un albero, l’albero della VITA. Se io non faccio morire quell’IO che è dentro di me, quel seme non potrà mai cadere nel terreno per poter morire e quel IO farà morire il DIO che è dentro di me.
E’ chiaro che deve morire il mio io, il mio narcisismo, perché giorno dopo giorno possa nascere il mio vero D-io che mi abita e che vuole portare vita, fecondità e frutto in me.
Una mia cara amica ma ancor di più sorella, in uno dei tanti momenti di condivisione in tema di fede, mi diceva sempre: sai Michele, mi hanno insegnato che nella vita bisogna morire ogni giorno di un pezzetto, solo così possiamo raggiungere la vera VITA che è Gesù. La guardavo senza dire nulla, ma dentro di me pensavo che quella donna stava davvero morendo, non solo un pezzettino alla volta spiritualmente come intendeva, ma realmente. Nonostante la sua malattia e il suo consumarsi, quella donna continuava il suo andare verso Gerusalemme per incontrare il suo Dio. Negli ultimi tempi diceva: sai morire non è poi così bello, sapendo di lasciare gli affetti più cari e tanta sofferenza, vorrei continuare a vivere per non lasciare la sofferenza ai miei cari. Però dobbiamo morire è una realtà tanto quanto la vita.
C’è una persona che è morbosa verso alcune persone che ritiene amici. guai chi li tocca, solo io posso essere amica, e ogni volta che l’amica tenta di far amicizia con altre persone ecco che si mette in mezzo con ogni sorta di falsità, pettegolezzo e semina discordia a tal punto da non fare avvicinare l’uno a l’altro. Devi morire a questo egoismo che ti porti dentro, la vita è libertà, se non rispetti questa libertà fai morire il Dio che è dentro di te.
Quando devi affrontare certe questioni interiori e non lo vorresti fare perché ti fanno soffrire; quando devi prendere in mano la tua paura o i tuoi drammi di vita, ma chi lo vuole fare? E’ come morire! Eppure nella morte c’è la vita! In questo morire dell’io (trasformazione) c’è la vita vera.
Se voglio che Dio cresca in me e si manifesti in me, bisogna che io impari e abbia il coraggio di morire al mio IO, cioè di affrontare ciò che devo affrontare senza scappare e il coraggio di lasciarmi trasformare dalla vita, cioè di cambiare. Per vivere davvero, in profondità, bisogna saper morire (soffrire).
Se non fai morire il tuo IO dentro di te non potrà nascere il tuo DIO: (trasformarsi, cambiare, crescere attraverso la sofferenza) morirà veramente. Cioè: non si può vivere e pensare di non soffrire mai, di evitarsi il dolore, i problemi, le tensioni, le difficoltà, i conflitti. Morire vuol dire cadere a terra, scontrarsi con la realtà, con la dura realtà della vita, ritornare con i piedi per terra smettendo di volare sulle nuvole. Cadere a terra vuol dire scontrarsi con le persone che non sempre sono come noi vorremmo; confrontarsi con i problemi e con i limiti della vita. Cadere a terra vuol dire rinunciare ad essere onnipotenti, di sapere tutto, di non aver bisogno di nessuno, IO sono il tutto. Cadere a terra vuol dire essere vulnerabili, sofferenti, piangere. Cadere a terra vuol dire sbagliare, commettere errori e avere l’umiltà di riconoscerli.
In quella frase è rinchiuso pure il segreto della vita: solo se è spesa per qualcosa di grande ha senso. Tu puoi vivere la tua vita per te, in maniera narcisista, egoistica, ripiegata su di te, o puoi vivere la tua vita come un dono per gli altri e per la vita. Una cosa è certa: “Tu morirai”. Su questo nessuno di noi ha possibilità di decidere. E’ il limite della vita terrena: la morte. Ma questo ci conduce a farci un’altra grande domanda. Di fronte a questo: “questa vita che ti è stata donata, come la vuoi vivere? Cosa vuoi fare della tua vita?”.
Molte persone vivono per sé, sono un seme che muore ma non porta frutto. La loro vita non è di nessun aiuto a nessuno, non si può imparare nulla da loro, non hanno maturato nulla. Non c’è nessuna saggezza, nessuna profondità, non hanno mai osato, mai “ruminato” le cose. Passano ma non lasciano tracce dietro di sé, vite inutili, senza significato. Se incontri queste persone non ti danno niente, non lasciano nessuna impronta. Se ti lasciano qualcosa è solo rabbia, negatività, “brontolamenti”, acidità. Hanno ricevuto la vita, ma non hanno saputo donarla. Non hanno saputo fare della vita ricevuta, un dono. Impiegano tutto il loro tempo per pulire l’auto, per spolverare, davanti al computer, per “sbrigare i mestieri”; ma io sono attivo nella parrocchia di appartenenza e sono investito di molte faccende; mi impegno su ogni fronte e in ogni cosa sono presente; il parroco mi vuole tanto bene, mi cerca, mi chiama, mi utilizza, non può fare almeno di me. Ma tutto questo ci porta a ricercare il Signore, oppure accrescere solo la propria immagine o il proprio prestigio? Quello che faccio nella comunità è per un bene comune o solo per mettermi in risaldo rispetto agli altri? Che seme sono nella mia comunità? Sono tutti con-centrati su di sé, per cose futili: si credono bravi e impegnati, ma in realtà sono narcisisti e pieni di paura. Moriranno tristi perché potevano essere un albero, ricco di frutti e di vita ma hanno avuto paura. Non sono maturati e hanno rinunciato a ciò che potevano essere: sono falliti nella vita e convinti di essere vivi in tutte queste faccende.
Si è felici se la nostra vita ha un senso altrimenti non ha senso vivere. Allora io devo trovare un motivo, dei motivi validi per vivere. Cioè: devo dedicarmi a qualcosa. Io ho bisogno di dare la parte più profonda di me, la mia parte più vera ad altri, perché sia utile non solo a me ma al mondo intero. Questo è dedicarsi: dare la parte più profonda di sé agli altri. Questo è il vero servizio: chi vuol essere il primo sia l’ultimo e serva il fratello. Si proprio come fece Gesù nel cenacolo, si mise il grembiule e servì gli apostoli per lasciare un esempio di cosa significhi vivere. Vivere è servire, sono due aspetti della vita che viaggiano in simbiosi.
La mamma sa che generare comporta dolori e sacrifici, ma con questa consapevolezza genera vita, perché è la forza che è dentro che desidera generare e dare nuova vita.
Nella celebrazione eucaristica il celebrante dice: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Se anche tutti i partecipanti dicessero le stesse parole, allo stesso modo del Signore, “donato per tutti voi”, allora la vita di ognuno diverrebbe un donarsi agli altri, uno spezzarsi per gli altri. Tutti diverremmo pane eucaristico.
Io percepisco, allora, un fremito, un battito in me, un invito a fare del mio corpo, della mia passione, delle mie giornate, della mia vita qualcosa di “importante”; sento nascere il coraggio e la forza di lottare, di spendermi, di darmi, di macinarmi perché io possa essere per qualcuno un po’ di pane o un po’ di vino.
Nel vangelo di Gesù non troviamo l’evento del Getsemani come raccontato dagli altri evangelisti, ma lo fa in questo brano, quasi anticipa l’ora della sua passione. Sentiamo il turbamento di Gesù: Adesso l’anima mia è turbata.
Gesù si trova a vivere lo spaccato della sua vita: o andare avanti, sapendo a quale orribile morte va incontro, affidandosi al Padre; oppure ritirarsi e tradire così la sua missione e la sua fedeltà, salvando, però, la propria vita.
Lc descrive tutto il dramma di Gesù: “In preda all’angoscia pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra” (Lc 22,44). Notiamo i connotati umani di Gesù che ha paura di morire. Sono le paure di ogni uomo, dinanzi alla morte noi tutti restiamo ghiacciati, impauriti, vorremmo scappare. E’ l’angoscia di finire nel nulla: “E se non ci fosse niente?” E’ l’angoscia per un supplizio che gli si prospetta terribile: “La croce! Lo scherno! L’essere svergognati! Il dolore! Oddio, salvami!”. Il grido dell’uomo che si sente tradito: “Ma tu Dio dove sei? Ma davvero permetti tutto questo? fai vincere il male, l’odio, i cattivi! Ma che Dio sei! Non eri mio Padre? Mi hai abbandonato? Non ti riconosco più!”. E’ la paura del fallimento: “Ho sbagliato tutto? Mi sono ingannato? Mi sono illuso?”. L’angoscia del dubbio terribile: “Ho parlato di un Dio che non c’è?”. Quante volte anche noi facciamo la stessa esperienza, dopo aver tanto lavorato per Dio, non vediamo i frutti arrivare, spesso la Parola viene soffocata, allora ci viene da chiedere: ma Signore esisti davvero o è frutto della mia immaginazione? Ma poi ci viene in conforto la Parola stessa di Dio: <<che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome>>.
Lc parla di un angelo. Gv, invece, dice che venne una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò”. Dio non toglie l’angoscia a Gesù. Perché la prova estrema della nostra vita è quella di non poter far più niente per noi, di essere totalmente in balia di forze oscure: il destino, gli altri, la morte e di fidarsi di Lui quando tutto sembra dire il contrario.
Ma se avrete vissuto con fiducia, con forza, con passione, con intensità, lottando e spendendovi, sentendovi ogni giorno come sostenuti e supportati da una forza misteriosa che vi diceva: “Ci sono io con te, non temere”, ebbene allora vi capiterà, anche in quel momento, di sentire la voce che per tutta la vita vi ha accompagnato: “Ci sono io, non temere”.
La vita è piena di ostacoli: malattia, catastrofi, sofferenza, delusioni, separazioni dagli affetti più cari, la morte. Gesù non è venuto a dirci che tutto questo cesserà di esistere, che io vengo a toglierti tutte queste cose negative. No! Egli dice che la vita reale è questa ed io lo sperimentata nella totalità: ho riso ed ho sofferto; sono stato accolto e rifiutato; sono stato creduto ma anche preso per pazzo. Io non sono un mago che con la bacchetta magica tolgo tutto questo, ma voglio incontrarti, voglio seminare nel tuo cuore il seme dell’Amore, e se ti saprai affidare al Padre mio che è nei cieli, come ho fatto io nella totalità, allora la tua morte non sarà la fine ma un inizio perché in te vivrà l’albero cresciuto dal seme che avrai seminato. Solo così vivrai e quell’Amore non morirà mai perché l’Amore non si può uccidere.
Pensiero della settimana
Mi sento un seme nelle mani del Signore?
Sono capace di seminare il seme dell’Amore?
In che misura la mia vita è un seme che muore per gli altri?