
Il periodo della Quaresima è fondamentale nella vita del Cattolico, perchè lo costringe a fare i conti con la Croce che nella vita di un essere umano non manca mai.
Ogni Croce è santificante, anche le più piccole. Il Signore conosce le nostre fragilità e sa bene che ognuna delle Sue pecorelle è in grado di portare pesi diversi. Anche nella cosiddetta “distribuzione dei talenti” il Signore, l’Onnipotente, sa come e in che misura distribuirli perchè – se ci fate caso – nessun talento viene dato senza anche l’opportunità di metterlo a frutto e questa opportunità è data da tanti fattori.
Ognuno di noi nasce, viene al mondo, in una famiglia ed in una realtà sociale. Ognuno di noi riceve quindi naturalmente i talenti che il Signore distribuisce. Non dobbiamo perciò sentirci da meno se la nostra estrazione sociale non ci consente di emergere, perchè questo desiderio di emersione dalla povertà o dall’oscurità – se non è accompagnato da un reale desiderio di conversione – non viene da Dio ma dal mondo.
Se una persona che nasce in una famiglia dove non c’è pane e lavoro e dove i componenti della famiglia soffrono la fame e le privazioni, sarà un santo desiderio quello di andare alla ricerca di pane e lavoro non solo per se’ ma anche e soprattutto per la propria famiglia. I tanti uomini e donne che lasciano la loro terra d’origine alla ricerca di un lavoro e di mezzi per il sostentamento dei loro cari sono spinti da questo desiderio, sia che siano Cristiani, sia che non lo siano.
E’ vero che viviamo comunque al momento una situazione difficile, ma fermiamoci a pensare: di cosa noi e i nostri cari abbiamo veramente bisogno? E’ proprio necessario vestire firmato o avere dieci paia di scarpe, una per ogni colore? E’ proprio necessario cambiare l’automobile ogni due anni? E’ proprio necessario cambiare i mobili, le tende, la carta da parati con tanta frequenza? Siamo sicuri di non confondere i bisogni con le necessità?
Ci sono persone che arrivano nel nostro Paese a volte senza scarpe. Non dobbiamo per questo sentirci in colpa: non è colpa nostra se loro sono nati in latitudini turbolente o povere, ma lo diventa quando voltiamo la testa altrove. Ognuno di noi può e deve fare qualcosa, ognuno secondo le proprie possibilità. Non siamo costretti a privarci del necessario (da qui la distinzione tra bisogni e necessità) ma siamo chiamati ad interrogarci su cosa sia veramente indispensabile nella nostra vita e cosa invece è solo capriccio o bisogno indotto.
Ed a proposito di “bisogno indotto”, in cosa si differenzia con la necessità?
Sono sicura che se ci pensiamo un po’ siamo tutti in grado di distinguerlo, ma voglio lo stesso provare a parlarne.
Pagare l’affitto, la luce, il gas, il telefono, il condominio, le tasse, alimentarsi in modo adeguato (colazione, pranzo e cena per capirsi) sono necessità. Anche vestirsi in modo adeguato (leggeri d’estate e pesanti d’inverno) è una necessità. Riscaldare la propria casa d’inverno e mantenerla fresca d’estate (senza strafare) è pure una necessità.
Quando la necessità diventa bisogno? E quando bisogno indotto?
La necessità diventa bisogno quando, pur avendo tutto ciò che è necessario per la vita, non ci basta più. Vogliamo di più e di meglio. Ed invece di cercare il più ed il meglio nelle cose di Dio lo cerchiamo nelle cose del mondo. Il mercato mondiale, la cultura del consumo, si basa su questi bisogni. Ed ecco che arriva il bisogno indotto.
Se gli spot pubblicitari fossero inutili, non saremmo arrivati al paradosso del “15 minuti di spot per 20 minuti di trasmissione” visto che le TV commerciali “vivono” sugli spot pubblicitari. Tutti siamo convinti che oramai la pubblicità non faccia più “vittime”: siamo ormai bene o male tutti adulti e vaccinati contro questo tipo di persuasione occulta, questo pensiamo. Se fosse vero, gli spot non andrebbero più in onda ed il nostro sistema occidentale troverebbe qualche altro modo per “indurre” il bisogno di questo o quell’altro bene materiale.
Tutti possiamo difenderci da questo “tritacarne” che ci costringe a vivere per lavorare, per guadagnare quel tanto che serve a soddisfare bisogni che non ci appartengono. Se invece di avere due o tre lavori (perchè oggi come oggi un solo stipendio non basta e comunque così facendo togliamo ad altri la possibilità di lavorare) imparassimo anche a fare a meno del superfluo (ognuno si interroghi su cosa nella sua vita è veramente superfluo) i motivi di scontento e persino di peccato svanirebbero come neve al sole.
Riscopriremmo la bellezza dello stare insieme con semplicità, senza necessariamente dover imbandire la tavola come a Natale, senza dover pensare che una casa povera non sia all’altezza degli amici che abbiamo o che senza andare al concerto di Mister X spendendo un’enormità non possiamo godere dell’amicizia che abbiamo.
Riscopriremmo il valore delle cose, il valore sano del benessere che non significa avere la TV al plasma 24″ per invitare gli amici a guardare la partita come allo stadio, ma significa poter invitare a casa gli amici a vedere la partita mangiando pop corn e bevendo aranciata e divertendoci con semplicità. E’ l’amore, la condivisione, che danno la felicità non certo una casa opulenta.
Personalmente, ricordo sempre con tanto piacere i pomeriggi passati con i miei cugini, facevamo merenda con pane bagnato e spolverato di zucchero… una merenda povera ma non era la merenda a fare la bellezza di quei momenti, bensì il fatto che potevamo stare insieme a giocare per tutto il pomeriggio.
E se i nostri amici piano piano si allontanano perchè ci siamo impoveriti, non erano amici. Questo deve essere ben chiaro. L’amore non fa calcoli e non sta a guardare per il sottile, non guarda se servi il caffè in tazzine di porcellana o in bicchierini uno diverso dall’altro. Non cerchiamo mai di impegnare le nostre risorse per riallacciare rapporti ipocriti. Il Signore non vuole questo, non vuole l’ipocrisia dei rapporti ma l’amore che mettiamo nelle cose che facciamo e nelle intenzioni. Soprattutto non fidiamoci mai di chi ci fa sentire inferiori perchè non siamo in grado di dare come gli altri. Non è la voce di Dio che parla, ma quella del mondo.