C’è una fabbrica di catene, richieste per bambini malati di leucemia, inviti rivolti a donatori di sangue, dalle cose più futili del tipo “invia questo messaggio a 12 persone e riceverai una bella sosrpresa“, o a vere e proprie maledizioni con minacce di varia natura, altre invece sono proprie bufale, e specie su Facebook diventano virali, come chi pubblica sul proprio profilo testi per salvare la privacy. Su WhatsApp, poi circola di tutto, anche sotto forma di preghiera, “Recita un Ave Maria” ed invia questo messaggio a 10 persone compreso me… in tutti i casi far circolare queste catene è una vera e propria piaga sociale.
Ma chi confeziona una catena, e quali sono gli scopi? Bisogna distinguere. Nell’era di Facebook e dei socialnetwork alcune catene, anche quelle religiose sono vere e proprie operazioni di marketing. In alcuni casi hanno scopi economici perchè l’aumento del traffico su una pagina spesso comporta anche l’aumento di introiti economici su un determinato sito. C’è poi l’ingenuità, e la buona fede di chi viene a conoscenza di una notizia o ne è protagonista diretto (per esempio i genitori di un bambino malato) e la diffonde agli amici, i quali la inoltrano ai loro amici, e così via. Spesso la notizia è un equivoco o viene distorta dal passaparola, ma la buona fede iniziale rimane. In casi come questi il danno è involontario ma è reale, perché in queste catene confluiscono centinaia di indirizzi di e-mail di destinatari, che vengono poi raccolti dagli spammer per inondarci di mail pubblicitarie indesiderate, causando scocciature e perdite di tempo. Nella maggioranza dei casi una catena di Sant’Antonio è una superstizione e come tale non va mai incoraggiata, può rappresentare un pericolo vero e proprio per molte persone, vediamo perché.
La Chiesa non accetta che si strumentalizzi la preghiera, togliendole valore e importanza, per fini non santi.
In questo senso, le catene di preghiera sono censurabili, per due motivi:
- In primo luogo, garantiscono disgrazia a chi non le segue, o le interrompe a livello temporaneo o definitivo, oppure non le reinvia, e sostengono questa minaccia citando ovviamente falsi esempi e false testimonianze. Chi dice queste cose in nome di Dio è un falso profeta e pecca in modo grave. Nessuno può minacciare in nome di Dio.
- In secondo luogo, queste catene ingannano perché obbligano la gente a fare un cattivo uso della preghiera, fuorviandola o banalizzandola. È questo il vero obiettivo di questo tipo di catene di preghiera. E questo obiettivo si raggiunge con la presunta “esca” del beneficio personale se si partecipa; in questo senso le catene di preghiera sono superstizione.
Collegare disgrazia, condanna o premio a una catena di preghiera non è conforme agli insegnamenti della Chiesa; il premio e la condanna, inoltre, non derivano dalla partecipazione o meno a queste catene.
Tali catene di preghiera sono una superstizione perché viene attribuita alla semplice materialità di queste preghiere un’efficacia che non hanno.
Ce lo ricorda anche il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione” (n. 2111).
Ogni superstizione è un serio problema perché fa riporre la fiducia in pratiche ridicole, rappresentando di conseguenza un’offesa a Dio perché non si ha fiducia in Lui.
La superstizione va contro il primo comandamento della legge di Dio, ed è un chiaro segno del fatto che la vera fede è inesistente. Dove decade la religione aumenta la superstizione.
Per questo, cade in errore non solo chi invia e diffonde queste catene di preghiera, ma anche chi ci crede.
Perchè non bisogna condividerle, quali sono gli errori
- Un primo errore è avvalersi di una presunta necessità altrui a beneficio personale.
- Un altro errore di queste catene è che sono ricette o formule per ottenere risultati a scapito della fede. La magia pretende di ottenere qualcosa attraverso formule che devono essere seguite alla lettera per ottenere il risultato desiderato, e si abbandona il cammino della fede per addentrarsi in quello della magia.
- Queste catene di preghiera sono un grave errore perché “si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie” (Catechismo, n. 2111).
- Un altro problema è la questione della minaccia per la mancata realizzazione di una pratica, il che è inaccettabile. Questo suggerisce anche di avere una paura infondata nei confronti di Dio per richieste rivolte da uomini che pretendono di parlare in suo nome.
- Un altro errore di queste catene di preghiera è la diffusione di preghiere e immagini che contengono errori teologici. È una cosa seria, perché le persone che non possiedono una fede molto solida e ben radicata possono cadere in errore, a scapito di una sana preghiera e di un rapporto corretto con Dio.
- Un sesto problema che deriva dal fatto di ricorrere a queste pratiche e riporvi fiducia è l’abbandono di Dio a scapito della nostra salvezza. Quando ci rendiamo conto che Dio non risponde quando agitiamo la nostra bacchetta magica, quando vediamo che Dio non fa ciò che chiediamo, arrivano il disincanto e la frustrazione.
- Un settimo errore risiede nel fatto di voler “motivare” gli altri a diffondere una catena per ottenere ciò che si desidera in modo facile, rapido ed efficace, anche indipendentemente dal compimento della volontà di Dio, volontà che il buon seguace di Cristo deve concretizzare, anche se con sforzo, nella sua vita quotidiana.
- Un ultimo problema, seppur non meno importante e che non va escluso anche se non è di carattere religioso, è che queste catene, quando vengono inviate per e-mail, sono spesso usate per cercare informazioni, diffondere virus informatici…
Perchè viene chiamata Catena di Sant’Antonio
Il primo a citarla fu Alfredo Panzini nel Dizionario Moderno (edizione del 1935), descrivendo l’usanza allora molto in voga di spedire a più persone una lettera anonima che invitava perentoriamente a recitare una serie di preghiere che sarebbero servite a”salvare il mondo” , ma avvisando che avrebbero avuto successo solo se il destinatario avesse poi a sua volta inviato la stessa lettera a un tot numero di persone, le quali a loro volta avrebbero dovuto seguire tutta la trafila: il tutto sotto minaccia di sventure tremende che sarebbero accadute a chi avesse interrotto la”catena“.
Unica cosa certa riguarda il Sant’Antonio citato: non è quello da Padova, ma San’Antonio Abate (250-356 dC) eremita che, secondo la leggenda, un giorno scrisse al duca di Egitto, tal Ballachio, una lettera in cui cordialmente lo avvisava che se avesse continuato a perseguitare i Cristiani, Dio lo avrebbe punito uccidendolo; infine lo esortava a spedire quella stessa lettera a tutti gli altri notabili della zona che si comportavano come lui. Ballachio ne sghignazzò e distrusse la missiva; ma pochi giorni dopo il suo mansuetissimo cavallo lo disarcionò, uccidendolo. La combinazione degli eventi battezzò così la bieca usanza delle catene.
Fonti: Aleteya – Placida Signora –