La coroncina della Divina Misericordia funge da confessione nell’ora d…

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Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.

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Quesito

Caro padre Angelo,
spero stia bene. La ringrazio ancora a nome di tutti i giovani per il servizio che svolge sul sito.
Le pongo la stessa domanda che si pongono tanti giovani che vogliono seguire la volontà del Signore: la coroncina della Divina Misericordia funge da confessione nell’ora della morte sì o no?
Cioè se una persona nell’ora estrema della sua morte si trovasse in peccato mortale, e anziché confessarsi recitasse solo la coroncina e corrispondesse alla grazia del pentimento si salverebbe comunque? (Anche senza essersi confessato)?
La ringrazio ancora e attendo la sua risposta.
Il Signore la benedica.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. la coroncina della divina misericordia non è né un sacramento né un sostituto del sacramento.
Gesù ha detto: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23).
Con tali parole ha dichiarato implicita l’accusa di peccati perché il sacerdote confessore non potrebbe esaminare se ci siano le condizioni per dare il perdono se non conosce la materia di cui si vuole essere perdonati.
La materia è costituita dai peccati e più a monte dai sentimenti del penitente, il primo dei quali deve essere la contrizione, vale a dire il pentimento sincero dei propri peccati.

2. Dalle parole stesse del Signore la Chiesa ha dichiarato che l’accusa dei peccati è di diritto divino, e cioè di istituzione divina.
Ora la Chiesa può dispensare da precetti che lei stessa ha istituito, come ad esempio la disciplina riguardante il digiuno e l’astinenza, ma non può dispensare da ciò che Dio ha istituito.
Per questo il Magistero ha dichiarato che la via ordinaria della remissione dei peccati è costituita dalla confessione sacramentale.

3. Il santo Papa Giovanni Paolo II nella enciclica sull’eucaristia Ecclesia de Eucaristia (17.4.2003) dice: “A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28).
San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi» (Omelie su Isaia 6, 3] .
In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolicastabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione» (n. 1385). 
Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (EE 36).
4. La coroncina della divina misericordia è ordinata a suscitare un sincero pentimento dei propri peccati.
C’è sincero pentimento quando si è dispiaciuti non solo perché ci si è privati della grazia e ci si è esposti all’eterno pericolo, ma soprattutto perché “si è tornati a crocifiggere in cuor nostro il Signore (Eb 6,6).

5. Questo sincero pentimento implica due cose: la prima consiste nel dispiacere del peccato commesso e nel proponimento di non tornare alla vita precedente.
A questo proposito il concilio di Trento ha affermato: “La contrizione include non solo la cessazione del peccato e il proposito e l’inizio di una vita nuova, ma anche l’odio della vita vecchia, conforme all’espressione “Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 18,31). Certamente colui che riflette su quelle grida dei santi: “Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Sal 51,6); “Ripenso alla mia vita con l’amarezza nell’anima” (Is 38,15 Vlg), e su altre simili, comprenderà facilmente che esse provenivano da un odio veramente profondo della vita passata e da una grande detestazione del peccato” (DS 1676).

6. La seconda: c’è vero pentimento quando si è disposti ad accedere alla strada che il Signore ha indicato per ottenere la remissione dei peccati. Solo allora si realizza la comunione della nostra volontà con quella del Signore. La comunione di volontà è il segno più bello dell’amicizia.
Se ci sono queste due condizioni, il sincero pentimento riporta già in grazia di Dio e apre la strada alla salvezza eterna.
Ciò significa che se manca il proposito di confessarsi, non c’è vero pentimento.

7. La funzione della coroncina sta tutta qui: nell’ottenere un vero pentimento.
Ma il vero pentimento porta con sé il dispiacere del peccato il proposito esempio commetterlo e la volontà di confessarsi.
Se si rifiuta almeno implicitamente la confessione, neanche la coroncina giova.

Con l’augurio di transitare da questo mondo a Dio nel migliore dei modi, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo




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P.Angelo Bellon op, docente di teologia morale.