I detrattori della Misericordia non sono la risposta a Cristo

Mise
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Punti scorretti rispetto ad una esauriente dottrina sulla Misericordia e sulla Giustizia: Sant’Agostino nel Discorso 49 ci insegna cos’è “LA PRATICA DELLA GIUSTIZIA E L’AMORE PER LA MISERICORDIA” 

È tendenziosa la posizione di talune frange cattoliche che, magari, contrarie al Giubileo della Misericordia di Papa Francesco utilizzino messaggi subliminali, citando una frase ad effetto di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori: “Porta più anime all’inferno la misericordia che la giustizia”.  

Quella frase del Santo va inserita nel contesto di chi abusi effettivamente della Misericordia di Dio, di quel penitente ingannevole che tratta Dio con approssimazione, ma non può essere la premessa per definire la Misericordia in rapporto alle anime, perché questo sminuirebbe la grazia stessa di Dio.

Ricordiamoci che, dottrinalmente, la Giustizia di Dio è Misericordia, intendendo Dio come giusto giudice in virtù della propria santità.

La Misericordia, infatti, non può avviarsi contrariamente alla Giustizia per l’occorrenza della sua immutabile perfezione, che a fronte di tale attributo è richiesta la consonanza tra Creatore e creatura:

«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più» (Lc 12, 48).

Sant’Alfonso Maria De’ Liguori in quell’espressione a monte intende l’arbitrarietà della leggerezza verso la Misericordia, altrimenti si vuol far passare la Croce per un sacrificio infruttuoso alla salvezza delle anime, che ci tengo a rammentare:

« Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5,20).

Si comprende che il significato attribuito a quella frase del Santo, se estrapolata da un contesto preciso, non trova compiuto riscontro sul piano dottrinale: non ci si può muovere parzializzando la pedagogia di un Dottore della Chiesa, al fine di portare dalla propria parte l’auditorium di fedeli. 

Deborah Cotrufo

DISCORSO 49

TENUTO DI DOMENICA NELLA BASILICA DI S. CIPRIANO

SULLE PAROLE DEL PROFETA MICHEA:

“COSA OFFRIRÒ CHE SIA DEGNO DEL SIGNORE?”

LA PRATICA DELLA GIUSTIZIA E L’AMORE PER LA MISERICORDIA

Introduzione al tema del discorso.

  1. Abbiamo ascoltato le diverse letture sacre che ci sono state proclamate e su di esse dobbiamo dire quel che il Signore si degnerà donarci. È però vero che chiunque ascolta delle letture ricorda meglio quello che è stato letto per ultimo e di questo argomento si attende che l’espositore della parola dica qualcosa. Essendo dunque stato letto per ultimo il santo Vangelo, non dubito che la vostra Carità s’aspetti d’udire qualcosa sulla vigna, sugli operai invitati e sul denaro dato come ricompensa 1. Quanto a me tuttavia, ricordo quel che vi promisi la scorsa domenica, e cioè come vi volevo spiegare, magari parzialmente, ciò che era stato letto dal santo profeta. E l’argomento della lettura era il seguente: un uomo cercava con quali sacrifizi potesse placare Dio 2 e ottenne la risposta che Dio non gli chiede altro se non praticare il giudizio e la giustizia e amare la misericordia ed essere pronto a camminare col Signore, suo Dio. In quell’occasione trattai come mi fu possibile del giudizio, e il discorso si protrasse tanto che non mi rimase tempo per trattare gli altri argomenti. Fu per questo che promisi una trattazione sulla giustizia da tenersi quest’oggi. Se però voi v’aspettavate che parlassi sul Vangelo, non pensate che rimarrete frodati. In effetti, l’attività svolta in quella vigna è la stessa cosa che la giustizia.

La giustizia e la fede.

  1. Supponete pertanto che voi siate gli operai presi a giornata. Coloro che son venuti [alla fede] da fanciulli immaginino d’essere stati invitati alla prima ora; i ragazzi alla terza; i giovani alla sesta; gli anziani alla nona e i vecchi decrepiti all’undicesima. Non avanzate recriminazioni riguardo al tempo. Ascoltate l’opera che dovete compiere e aspettate tranquilli la ricompensa. Se poi considerate chi sia il vostro padrone, non siate invidiosi per il fatto che la ricompensa è uguale 3 [per tutti]. Quale sia l’attività, voi lo sapete, ma voglio chiamarvelo alla mente. Ascoltate ciò che già conoscete e mettete in pratica quanto ascolterete. Abbiamo detto che l’opera di Dio è la giustizia. Tuttavia il nostro Signore Gesù Cristo, interrogato quale fosse l’opera di Dio, rispose: Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato 4. L’amoroso nostro Signore avrebbe potuto dire: La giustizia è l’opera di Dio. O siamo stati forse noi a presumere su una qualche prestazione in contrasto con il padre di famiglia? Se – come ho detto – opera di Dio è la giustizia, come sarà opera di Dio ciò che il Signore ha detto e cioè il credere in lui?, a meno che la giustizia non sia lo stesso credere in lui. Ma ecco – dirai – dal Signore abbiamo udito: Questa è l’opera di Dio: credere in lui; da te invece abbiamo udito che opera di Dio è la giustizia. Dimostraci che credere in Cristo sia, proprio questo, la giustizia. Ti sembra dunque – parlo adesso a uno che pone delle domande e interroga su cose giuste -, ti sembra dunque che credere in Cristo non sia la giustizia? Cos’è dunque? Da’ un nome a quest’opera! Se consideri attentamente quanto ascoltato, mi risponderai di sicuro: Questo si chiama fede; credere in Cristo si chiama fede. Ammetto ciò che tu dici: Credere in Cristo si chiama fede; ma tu da parte tua ascolta un altro passo della Scrittura: Il giusto vive di fede 5. Operate la giustizia, credete! Il giusto vive di fede. È difficile che viva male colui che crede rettamente. Credete con tutto il cuore, credete non zoppicando, non esitando, non argomentando contro la fede sulla base di congetture umane. È stata da lui chiamata fede perché ciò che si dice si fa. Quando si pronuncia la parola “fede” si ode il suono di due sillabe: la prima deriva da fare, la seconda da dire. Ti domando dunque: Credi tu? Mi rispondi: Credo. Fa’ ciò che dici, e questo è già fede. Io infatti posso udire la voce di chi [mi] risponde, ma non posso vedere il cuore di chi ha fede. Ma forse che a lavorare nella vigna vi ho invitato io che non sono in grado di vedere il cuore? Non sono io che invito, né io che impongo l’opera [da eseguirsi], né io che tengo preparato il denaro in ricompensa. Io sono un operaio come voi: lavoro nella vigna in proporzione delle forze che egli si degna elargirmi. Con quale animo lavoro lo vede colui che mi ha preso a giornata. Quanto a me infatti – direbbe l’Apostolo – è cosa da nulla l’essere giudicato da voi 6. D’altra parte anche voi potete ascoltare la mia voce ma non potete vedere il mio cuore. Offriamo dunque tutti il nostro cuore a Dio perché lo veda e compiamo volentieri l’opera [assegnataci]. Non offendiamo colui che ci ha invitati a lavorare, se vogliamo a viso aperto riceverne la ricompensa.

Siamo insieme tenebra e luce.

 

  1. Anche noi, o carissimi, potremo vederci il cuore l’uno dell’altro, ma più tardi. Per ora siamo avvolti dalle tenebre della nostra presente mortalità, e camminiamo alla luce della lucerna che è la Scrittura, come dice l’apostolo Pietro: Abbiamo, più sicura, la parola profetica, alla quale fate bene a guardare come a lucerna [che brilla] in luogo oscuro, finché non risplenda il giorno e la stella del mattino non sorga nei vostri cuori 7. Pertanto, o carissimi, in forza della fede per la quale crediamo in Dio, siamo, a confronto con gli increduli, come il giorno. Quando eravamo nell’infedeltà eravamo anche noi, al pari di loro, notte; ma ora siamo luce. Lo dice l’Apostolo: Un tempo foste tenebre, ora invece [siete] luce nel Signore 8. Tenebre di per voi stessi, luce nel Signore. E parimenti in un altro luogo: Tutti voi infatti siete figli della luce e figli del giorno; non apparteniamo alla notte né alle tenebre 9. Camminiamo onestamente come chi è in [pieno] giorno 10. Siamo dunque giorno a confronto con gli infedeli; ma in relazione a quel giorno in cui i morti risorgeranno e questo corpo corruttibile si rivestirà d’incorruzione e questo corpo mortale si rivestirà di immortalità 11, siamo ancora notte. Quasi fossimo già nel giorno ci dice l’apostolo Giovanni: Carissimi, noi siamo figli di Dio 12. Tuttavia, siccome è ancora notte, come continua? Ma ciò che saremo non si è ancora manifestato. [Solo] sappiamo che, quando egli apparirà, noi saremo simili a lui, poiché lo vedremo com’egli è 13. Ma questa è la ricompensa, non il lavoro. Ecco la ricompensa: Lo vedremo com’egli è. E allora sarà giorno splendido che più splendido non potrebbe essere. Orbene, nel giorno presente camminiamo onestamente 14; durante la presente notte non erigiamoci a giudici gli uni degli altri. Osservate l’apostolo Paolo! Lui che diceva: Camminiamo onestamente come in [pieno] giorno 15, non si contrapponeva né dissentiva dal suo compagno di apostolato, Pietro, che diceva: Ad essa, cioè alla parola divina, fate bene a guardare, come a lucerna posta in luogo oscuro, finché non risplenda il giorno e la stella del mattino non sorga nei vostri cuori 16.

 

Impossibilità di leggere nei cuori.

 

  1. Osservate l’apostolo Paolo e com’egli ci ripeta le stesse cose. Orbene, non giudicate nulla prima del tempo 17. E quando sarà [questo] tempo? Finché non venga il Signore e illumini i segreti tenebrosi e manifesti i pensieri del cuore: allora ciascuno riceverà da Dio la sua ricompensa 18. Che significa: Prima del tempo? Prima che possiate vedere gli uni i cuori degli altri. Osservate se non sia effettivamente come ho detto. Ascoltate un istante tutte le parole della sua affermazione. Non giudicate nulla prima del tempo. Ma quando sarà [questo] tempo? Finché non venga il Signore e illumini i segreti tenebrosi e manifesti i pensieri del cuore: allora ciascuno riceverà da Dio la sua ricompensa. Come potrebbero rimproverarti le tenebre se sei lodato dalla luce? Allora i cuori diverranno palesi, mentre adesso sono celati. Un tale, non so chi, viene sospettato d’essere nemico, mentre invece si potrebbe trattare di un amico. Un altro sembrerebbe amico, invece occultamente potrebbe darsi che sia un nemico. O tenebre! Quello infierisce, eppur ama; l’altro lusinga e odia. Se giudico dalle voci, mentre voglio evitare il mare tranquillo m’imbatto nello scoglio: fuggo l’amico e m’imbatto nel nemico. Tutto ciò ha procurato il fatto che il cuore è celato. Lì occorre aver fede, lì dentro dove si è celati [gli uni agli altri], dove si è sconosciuti. Per coltivare questo [campo] sei stato preso a giornata. Lì devi lavorare insieme [con Dio] mediante la fede, dove sfuggi al controllo del tuo compagno di lavoro ma dove ti osserva il tuo Padrone. Il giusto vive di fede 19. Questo devi fare.

Correggersi prima di correggere.

 

  1. Riguardo al giudizio, ne ho trattato domenica scorsa dicendo che tu devi giudicare te stesso e, trovandoti distorto, non lusingarti ma correggerti, diventando dritto, in modo che ti piaccia Dio, il quale è retto. In effetti, Dio, che è retto, non piace a chi è tortuoso. Vuoi che ti piaccia colui che è retto? Sii retto! Giùdicati, non ti risparmiare. Ciò che giustamente in te ti dispiace, castigalo, emendalo, correggilo. Ti sia come specchio la sacra Scrittura. Questo specchio ha un riflesso non menzognero, un riflesso che non adula, che non ha preferenze per alcuno. Se sei bello, lì ti vedrai bello; se sei brutto, lì ti vedrai brutto. Quando però sei brutto e prendi lo specchio e lì ti riscontri essere brutto, non incolpare lo specchio. Torna in te: lo specchio non ti inganna; non essere tu a ingannare te stesso. Giùdicati, rattrìstati della tua bruttezza, di modo che, lasciando lo specchio e allontanandoti rattristato, perché sei brutto, una volta corretto puoi ritornare bello. In primo luogo dunque giudica te stesso e giudicati senza adulazione; successivamente giudica con amore anche il prossimo. Puoi infatti giudicare qualcosa solo sulla base di ciò che vedi. Può succedere, ad esempio, che tu veda la colpa di cui tu sei imbrattato; può succedere che lo stesso tuo prossimo ti confessi la sua colpa e manifesti all’amico ciò che teneva nascosto nel cuore. Giudica come vedi. Ciò che non vedi, lascialo al giudizio di Dio. Quando poi giudichi, ama la persona, odia il vizio. Non amare il vizio per l’amore che devi all’uomo; non odiare l’uomo a motivo dei suoi vizi. L’uomo è tuo prossimo, il vizio è un nemico del tuo prossimo. Amerai veramente l’amico solo se e quando odierai ciò che all’amico nuoce. Se credi, farai [questo], poiché il giusto vive di fede 20.

 

Amare la persona, odiare il vizio.

 

  1. Voglio dirvi delle cose che sono frequentissime in mezzo agli uomini. Succede a volte che, avendo tu un amico carissimo, un terzo, che era amico comune di tutt’e due, diventi nemico dell’altro. Di tre amici, due cominciano ad essere fra loro nemici: il terzo, che vuol restare neutrale, cosa dovrà fare? L’uno vuole, esige, scongiura che tu prenda in odio colui che egli ha cominciato a odiare e ti rivolge parole come queste: Non sei mio amico se sei amico del mio nemico. Queste le parole che ti rivolge l’uno, e queste le parole che ti rivolge l’altro. Eravate infatti tre, e dei tre due son diventati fra loro discordi mentre tu sei rimasto [neutrale]. Se parteggerai per uno, avrai nemico l’altro; se parteggerai per questo secondo, avrai nemico il primo; se vorrai intendertela con tutt’e due, l’uno e l’altro mormoreranno. Ecco la prova, ecco le spine cresciute nella vigna, a lavorare la quale siamo stati presi a giornata. Forse ti aspetti d’ascoltare dalla mia bocca cosa tu debba fare. Resta amico di tutt’e due. Coloro che si trovano in discordia fra loro, per l’opera tua tornino d’accordo. Se dall’uno ascolti dei giudizi cattivi sul conto dell’altro, non andare a riferirli a costui, perché non succeda che, tornati – per ipotesi – in un secondo tempo amici coloro che erano nemici, si comunichino fra loro i nomi dei comuni mettimale. Questo lo dico, naturalmente, a livello umano, non per riguardo agli occhi di colui che ci ha presi a giornata. Ecco, nessuno t’ha fatto la spia, ma c’è Dio che ti vede e giudica. Hai udito una parola [amara] da una persona adirata, afflitta o fuori dai gangheri. Che essa muoia in te! Perché vorresti palesarla? Non c’è mica pericolo che, se resta in te, ti faccia scoppiare! Parla assennatamente con quel tuo amico che vorrebbe ti inimicassi con l’altro tuo amico; rivolgigli la parola e, come se si trattasse di un cuore malato, usagli il lenimento della medicina. Digli: Perché vorresti che io divenga suo nemico? Ti risponderà: Perché egli è mio nemico. E per questo motivo vorresti che io divenga nemico del tuo nemico? Debbo piuttosto essere nemico del tuo vizio. Colui del quale tu vorresti rendermi nemico è un uomo. Un altro è il tuo nemico, del quale anch’io, se son tuo amico, debbo essere nemico. Ti ribatterà: Ma chi è quest’altro mio nemico? Il tuo vizio. Ed egli ancora: Qual è il mio vizio? L’odio che ti fa odiare il tuo amico. Sii dunque simile a un medico. Il medico non amerebbe l’ammalato se non odiasse la malattia. Per liberare il malato, si accanisce contro la febbre. Non amate i vizi dei vostri amici, se amate gli amici stessi.

La pagliuzza e la trave.

 

  1. Ma io che predico eseguo forse le cose che predico? Miei fratelli, le eseguo se prima le attuo in me stesso; e le attuo in me stesso se dal Signore ricevo [il dono di attuarle]. Ecco, le eseguo: odio i miei vizi, offro il mio cuore al mio medico perché lo risani; gli stessi vizi per quanto mi è possibile perseguito, ne gemo, riconosco che sono in me ed, ecco, me ne accuso. Tu che vorresti rimproverarmi, correggi te stesso. La giustizia è infatti questa: che non ci si possa dire: Vedi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello e non vedi la trave che è nell’occhio tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi vedrai di togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello 21. L’ira è una pagliuzza, l’odio è una trave. Ma alimenta la pagliuzza e diventerà una trave. Un’ira inveterata diventa odio: una pagliuzza accresciuta diviene una trave. Affinché pertanto la pagliuzza non divenga trave, non tramonti il sole sopra la vostra ira 22. Vedi, t’accorgi di esser divorato dall’odio, e vorresti riprendere chi è adirato? Liberati prima dall’odio e farai bene a rimproverare chi è in preda all’ira. Costui ha nell’occhio una pagliuzza, tu hai una trave. Se in effetti tu sei pieno di odio, come farai a vedere colui al quale devi togliere [la pagliuzza]? Nel tuo occhio c’è una trave. E perché nel tuo occhio c’è una trave? Perché hai preso alla leggera la pagliuzza che vi era nata: con quella ti addormentasti, con quella ti levasti; la facesti sviluppare nel tuo intimo, la innaffiasti con sospetti infondati. Credendo alle parole degli adulatori e di coloro che ti riferivano parole cattive sul conto del tuo amico incrementasti la pagliuzza, non la strappasti via. Col tuo affetto la facesti diventare trave. Togli dal tuo occhio questa trave! non odiare il tuo fratello. Ti spaventi o non ti spaventi? Io ti dico di non odiare e tu rimani tranquillo…, e rispondendo mi dici: Che significa odiare? E che male c’è se un uomo odia il suo nemico? Tu odi il tuo fratello! Se prendi alla leggera l’odio, ascolta come non fai caso alle parole: Chi odia il suo fratello è un omicida 23. Chi odia è un omicida. Non ti sei procurato del veleno; ma forse che per questo puoi dirmi: Che c’entro io con l’essere omicida? Chi odia è omicida. Non ti sei procurato il veleno, non sei uscito di casa con la spada per colpire il tuo nemico, non ti sei comprato l’esecutore del delitto, non hai programmato né il luogo né il tempo. E, infine, il delitto effettivamente non l’hai compiuto. Hai solamente odiato. Eppure hai ucciso: ucciso te prima dell’altro [che odiavi]. Amate dunque la giustizia e non nutrite odio se non contro i vizi. Quanto alle persone, amate tutti. Se vi comporterete così e praticherete questa giustizia, preferirete cioè che gli uomini, anche se viziosi, siano piuttosto risanati che non condannati, compirete opere buone nella vigna [del Signore]. Occorre però che a questo vi esercitiate, o miei fratelli.

 

Rimetti, perché ti sia rimesso.

 

  1. Ecco, terminato il discorso si darà il congedo ai catecumeni e resteranno solo i fedeli. Si giungerà al momento della preghiera. Voi sapete dove si giungerà. Che diremo a Dio in antecedenza? Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 24. Fate presto a rimettere, fate presto! Dovrete infatti arrivare a queste parole della preghiera. Come farete a dirle? e come farete a non dirle? Alla fin delle fini la mia domanda è questa: Le direte o non le direte? Odi, e le dici? Mi replicherai: Allora non le dico. Preghi, e non le dici? Odi, e le dici? Preghi, e non le dici? Via, presto, rispondi! Ma se le dici, mentisci; se non le dici, resti senza meriti. Contròllati, esàminati. Ecco, ora dovrai pronunziare la tua preghiera: perdona con tutto il cuore. Vorresti altercare con il tuo nemico; intenta prima la lite al tuo cuore. Ripeto: Alterca, alterca col tuo cuore! Di’ al tuo cuore: Non odiare! Ma il tuo cuore, il tuo spirito, continua con l’odio. Di’ alla tua anima: Non odiare! Come farò a pregare, come dirò: Rimetti a noi i nostri debiti? Questo veramente lo potrei dire, ma come potrò dire il seguito: Come anche noi? Cosa? Come anche noi rimettiamo. Dov’è il tuo cristianesimo? Fa’ ciò che dici: Come anche noi.

  1. Ma la tua anima non vuol perdonare, e si rattrista perché le dici di non portar odio. Rispondile: Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? 25. Perché mi turbi?, o: Perché sei triste? Non odiare per non portarmi alla perdizione. Perché mi turbi? Spera in Dio. Sei nel languore, aneli, ti opprime l’infermità. Non sei in grado di liberarti dall’odio. Spera in Dio, che è medico. Egli per te fu sospeso a un patibolo e ancora non si vendica. Come vuoi tu vendicarti? Difatti in tanto odi in quanto ti vorresti vendicare. Guarda al tuo Signore pendente [dalla croce]; guardalo così sospeso e quasi in atto d’impartire ordini dall’alto di quel legno-tribunale. Guardalo mentre, sospeso, prepara a te malato la medicina ricavata dal suo sangue. Guardalo sospeso! Vuoi vendicarti? Lo vuoi davvero? Guarda a colui che pende [dalla croce] e ascolta ciò che dice: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 26.

L’esempio di Santo Stefano

  1. Mi dirai: Lui poté far questo; io non lo posso. Io sono un uomo, lui era Dio. Ebbene, era un uomo, era veramente un uomo lui che era uomo-Dio. E allora, per qual motivo Dio sarebbe diventato uomo se l’uomo non ne trae motivo per emendarsi? Ma, eccomi, voglio apostrofarti. O uomo, ammettiamo pure che sia troppo per te imitare il tuo Signore. Osserva almeno Stefano, come te servo. Santo Stefano era certamente un [semplice] uomo. O che forse era uomo e dio? È risaputo da tutti: era un semplice uomo; era ciò che sei tu, e quel che fece non lo fece se non per un dono di colui al quale anche tu ti raccomandi. Comunque, osserva come si comportò. Parlava ai giudei: infuriava e amava 27. Debbo mostrarti l’una e l’altra cosa, poiché ho detto che infuriava e ho detto anche che amava. Debbo presentartelo e inferocito e pieno di amore. Ascoltalo inferocito: Gente dalla dura cervice! 28. Son, queste, parole di santo Stefano quando apostrofava i giudei: Gente dalla dura cervice, e dal cuore e dagli orecchi non circoncisi! voi da sempre avete resistito allo Spirito Santo. Quale dei profeti non hanno ucciso i vostri padri? 29. Ecco, lo hai ascoltato mentre va sulle furie; debbo mostrarti anche il rovescio della medaglia: ascoltalo pieno di amore. Gli avversari si irritarono, arsero di sdegno feroce e, ripagando il bene col male, ricorsero alle pietre e cominciarono a lapidare il servo di Dio 30. Dacci ora, o Stefano santo, una prova del tuo amore. Adesso, adesso vogliamo vederti; adesso vogliamo saggiarti; adesso vogliamo contemplarti vincitore, anzi trionfatore, del diavolo. Ti abbiamo ascoltato mentre infierivi contro gente in silenzio; vogliamo vedere se ami chi si accanisce contro di te. Infuriavi contro gente in silenzio; vediamo se ami chi ti lapida. Infatti, se odi, se puoi odiare, l’occasione è adesso mentre vieni lapidato. Adesso soprattutto devi odiare. Vediamo se rispondi con la durezza del cuore alla durezza delle pietre che ti lapidano. Uomini petrificati ti scagliano addosso delle pietre: duri scagliano cose dure. Coloro che avevano ricevuto la legge scritta su pietre scagliano pietre.

  1. Vediamo, carissimi, vediamo; contempliamo il grande spettacolo. Contempliamo ciò che ci si propone per la trattazione di domani. Guardiamo. Ecco Stefano viene lapidato. Collochiamocene la figura, per così dire, dinanzi agli occhi. Suvvia, membro di Cristo! suvvia, atleta di Cristo! Fissa gli occhi in colui che per te fu appeso alla croce. Lui veniva crocifisso, tu sei lapidato. Lui diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 31. Voglio ascoltare cosa dici tu. Guarderò a te, con la speranza che te almeno possa imitare. Il beato Stefano cominciò col pregare per sé stando in piedi. Disse: Signore Gesù, ricevi il mio spirito 32. Detto questo, piegò le ginocchia e in ginocchio disse: Signore, non imputare a loro questo delitto. Detto questo, si addormentò 33. O sonno felice! o vera pace! Ecco che cosa significa riposare: pregare per i nemici. Ma permetti, o Stefano santo, che io ti ponga una domanda. Spiegami – poiché non lo capisco – per qual motivo quando pregavi per te stavi in piedi, mentre pregando per i nemici ti mettesti in ginocchio. Forse ci risponderà cose che possiamo comprendere. Per me pregai stando in piedi perché non mi occorse grande sforzo per implorare e ottenere [il dono] a me che avevo servito Dio com’era di dovere. Per me non mi occorse grande sforzo, poiché chi prega per il giusto non deve compiere sforzi. Fu questo il motivo per cui, quando pregò per sé, restò in piedi. Si giunse però a dover pregare per i giudei, per gli uccisori di Cristo, per gli uccisori dei santi, per i suoi lapidatori. Considerò come fosse enorme e grande la loro empietà e come difficilmente potesse essere perdonata. Per questo si mise in ginocchio. Affonda le ginocchia in questa vigna, operaio forte! Ripeto: Affonda il ginocchio nel lavoro di questa vigna, operaio fortissimo! Grande è la tua opera, egregia e molto encomiabile. Molto in profondità scavasti, tu che deponesti dal cuore l’odio dei nemici. Rivolti al Signore!

Link di riferimento: http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_060_testo.htm

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Informazioni su Deborah Cotrufo 12 Articoli
Laureata in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera ho iniziato ad avvicinarmi alla fede cattolica attraverso l'arte, ma senza vera devozione, che ho riscoperto da un anno grazie a un cammino di conversione.