Gesù venne chiamato “beone e mangione” dai suoi nemici. Certo, Gesù amava la buona compagnia e la buona tavola. Ma il suo divertimento era sano e sapeva essere sobrio a tavola. Gesù non sdegnava di stare insieme agli altri e di condividere il cibo nella semplicità e nella gioia. Gesù non era un musone. Egli sapeva gioire e godere dei momenti di convivialità. È anche vero che Gesù non trascorreva le sue giornate in divertimenti e intorno a tavole riccamente imbandite. Leggiamo nei Vangeli che c’erano giorni in cui Gesù non aveva neppure il tempo per mangiare e lavarsi la faccia perché le folle lo cercavano e lo assillavano con le loro continue richieste. Ma Gesù non si spazientiva, non diventava intollerante e sgarbato con le folle. Il suo cibo era anzitutto fare la volontà del Padre celeste. Qual era la volontà del Padre celeste? Era quella di donarsi alle folle con amore e senza stancarsi mai. Cosa ci insegna Gesù? Che il vero digiuno è amare. Quando si ama, spesso non c’è neppure un minuto di tempo per pensare a se stessi. Il mondo ha fame di amore, cioè di Dio. Capita a volte che ti siedi a mensa per goderti un bel pranzo quando, all’improvviso, il campanello suona e c’è qualcuno che vuole parlarti perché è avvilito e disperato e ha bisogno di una parola di conforto. Se ami il popolo di Dio, non puoi dire: “Sto cenando, è tardi! Vieni domani”. L’evangelizzatore non si ribella e non mormora quando viene scomodato e quando, per amore, deve rinunciare anche a un riposo meritato. A mio avviso, il vero digiuno non è tanto quello che tu decidi di fare, ma quello che viene imposto dagli eventi della vita quotidiana. Quando il quotidiano ti chiama a scomodarti per amore del prossimo o non ti dà quello che desideri, rimani mite e umile, senza ribellarti e mormorare. In questo sta la tua santificazione. Amen. Alleluia. (P. Lorenzo Montecalvo dei Padri dei Vocazionisti)
