Fonte dell’articolo mauroleonardi.it
La cerimonia avvenuta il 13 febbraio scorso e che ha visto protagonisti Giuseppe Conte e Mario Draghi, ha trasmesso civiltà. Pur dietro le mascherine, il sorriso dei loro occhi, gli auguri fatti e ricevuti, ci hanno donato quell’eleganza di cui avevamo bisogno. Altri recenti passaggi di potere di altre potenze mondiali hanno offerto spettacoli ben diversi. Nel tirare le somme su come è stata guidata l’Italia durante i dodici mesi di lockdown non va dimenticata la pace sociale che è stata mantenuta. Il disordine più grave in proposito, se non ricordo male, avvenne a Palermo il 20 marzo scorso: eravamo agli inizi e la gente spaventata minacciò di prendere d’assalto un supermercato. Non ricorderemo il Coronavirus per questo. Anzi forse prevarrà, al positivo, il ricordo delle canzoni cantate dai balconi: e speriamo che il tempo del ricordo arrivi presto visto che la strada da percorrere prima di allora è ancora tanta.
Nel discorso di Mattarella del 2 febbraio scorso, il Presidente gerarchizzò perfettamente le urgenze del Paese. Espresse la necessità di avere presto un Governo “adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria”. Noi italiani siamo critici su come sono state affrontate le emergenze sanitarie, economiche e finanziarie: credo però che nessuno possa dubitare del mantenimento della pace sociale.
“In Italia si vive bene, Farah”: è una battuta di “Che bella Giornata” dove Checco Zalone cerca di spiegare a una straniera il nostro Paese. Come sempre il comico pugliese dice la verità facendo ridere. In Italia si vive bene, non dimentichiamocelo. In Italia si vive bene e in altri paese no. E non penso solo ai cosiddetti paese emergenti, mi riferisco a tante nazioni “civilizzate”.
Noi italiani non abbiamo difficoltà a criticare la nostra classe politica e ne abbiamo ben donde. Non dimentichiamoci però che, pur se attraverso degli arabeschi incomprensibili ai più, in particolare ai non italiani, nel momento della crisi abbiamo indirettamente scelto di essere condotti da tre “signori” come Sergio Mattarella, Giuseppe Conte e Mario Draghi. L’eleganza che li contraddistingue non riguarda il loro modo di vestire ma la capacità di distinguersi ed essere diversi senza umiliare gli altri. La vera eleganza non traspare dai grandi gesti, da quelli ecclatanti che fanno stropicciare gli occhi. La persona elegante si scopre tale nelle cose piccole, quelle quotidiane. Da come si siede a prendere un caffé e gira il cucchiaino nella tazzina. Oppure nel modo di lasciare o prendere una campanella