Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.
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Quesito
Pace padre,
Dire che la Bibbia contiene errori è eresia, vero?
Martin
Risposta del sacerdote
Caro Martin,
1. la Sacra Scrittura, avendo Dio per autore principale, non può contenere errori perché Dio non si inganna e non può ingannare.
L’inerranza è la conseguenza diretta della ispirazione divina.
2. Partendo da questo principio il Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Dei Verbum ha affermato: “Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture.
Pertanto «ogni Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia perfetto, addestrato ad ogni opera buona» (2 Tm 3,16)” (DV 11).
3. Vediamo adesso che cosa significhi l’affermazione del Concilio.
Innanzitutto per libri della Scrittura si intendono i testi direttamente scritti dall’autore sotto l’ispirazione di Dio.
Pertanto le versioni partecipano di questa prerogativa solo nella misura in cui ne rendono fedelmente il senso e la forma.
4. In secondo luogo il Concilio afferma che nella Sacra Scrittura sono contenute le verità che Dio ha voluto rivelare per la nostra salvezza.
Eventuali imprecisioni o lacune sotto il profilo storico sono ininfluenti al fine della Sacra Scrittura, che è quello di condurre gli uomini alla salvezza eterna.
La stessa cosa vale per le scienze fisiche, come la geologia, l’astronomia, la zoologia.
L’intendimento dell’autore non è quello di dare informazioni scientifiche su tali settori del sapere.
Per questo già Sant’Agostino scriveva: “Lo Spirito Santo non vuole insegnare agli uomini cose che non hanno utilità per la salvezza eterna… Il Signore non promise lo Spirito Santo per istruirci intorno al corso del sole e della luna: egli voleva fare dei cristiani, non dei matematici” (De Genesi ad litteram 2,9-29).
E San Tommaso: “Si deve pensare che Mosè parlava a un popolo rozzo ed esponeva solo quanto risulta ai sensi, per condiscendere alla sua ignoranza” (Somma teologica, I, 68, 3).
5. In terzo luogo, poiché Dio si è rivelato in forma umana e in modo da farsi capire secondo la particolare cultura della gente cui si è rivolto, è necessario tenere presente cosa Dio abbia voluto rivelare per mezzo dell’agiografo e il modo di esprimersi.
Sotto questo aspetto sono di capitale importanza i generi letterari.
6. Ecco perché il Concilio soggiunge: “Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l’interprete della Sacra Scrittura, per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.
Per ricavare l’intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l’altro anche dei generi letterari.
La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione.
È necessario dunque che l’interprete ricerchi il senso che l’agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l’autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani” (DV 12).
7. Infine è sbagliato dire che le Sacre Scritture si contraddicano fra di loro e che un testo corregga l’altro.
Questa è stata l’opinione errata di alcuni greci ortodossi secondo i quali San Giovanni, che ha scritto il suo Vangelo dopo gli altri evangelisti, avrebbe corretto le loro inesattezze.
Contro quest’opinione si è espresso San Tommaso: “Dire che nei Vangeli, come pure negli altri libri della Scrittura canonica c’è qualcosa di falso, è un’eresia; perciò è necessario affermare che tutti gli evangelisti dicono l’identica cosa e che non discordano il nulla” (Commento al Vangelo di San Giovanni 13,1).
8. Prima di lui i Santi Padri si trovano concordi nella medesima affermazione.
Tra questi piace ricordare San Giustino, del II secolo: “Che le Scritture possano contrastare fra di loro mai oserò né pensarlo, né dirlo; e se vi fosse qualche Scrittura che sembri essere tale, piuttosto confesserò di non capire quello che significhi e cercherò di persuadere anche quanti sospettano che le Scritture contrastino fra di loro, affinché piuttosto la pensino come me” (Dialogo con Trifone, 65).
Sulla medesima linea si esprime anche Sant’Agostino. Scrivendo a San Girolamo dice: “Ti confesso che ai libri della Scrittura ho imparato a tributare una riverenza e un rispetto tali, da credere fermissimamente che nessuno dei loro autori abbia errato, qualunque cosa abbia scritto.
E se in questi scritti incontro qualcosa che abbia l’apparenza di essere contrario alla verità, senza la minima esitazione a nient’altro penso se non che il codice su cui leggo è difettoso oppure che il traduttore non è capace di rendere il pensiero fedelmente, oppure che io non ho capito un bel nulla” (Epistola 82,1-3).
Mentre ti ringrazio per il quesito, ti benedico e ti assicuro il mio ricordo nella preghiera.
Padre Angelo