Mauro Leonardi (Como 1959) è stato ordinato sacerdote dal 29 maggio 1988. Vive a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su diverse riviste e quotidiani. Il suo blog è Come Gesù.
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Caro Don Mauro, sono direttrice di una casa famiglia per anziani. Ogni giorno osservo molti di loro sospesi in una dimensione in cui non si riesce né a vivere né a morire. Mi chiedo quale sia il progetto di Dio per queste “vite sospese”. (Alice, Trieste)
Carissima Alice, di fronte a vite che sembrano sospese io penso che la cosa più giusta da fare sia sospendere a nostra volta giudizi e teoremi. Certamente la vita è sacra, è un dono e soprattutto quando essa è fragile ci interpella maggiormente nel dovere di custodia. Come fare a dire che una certa vita è “sospesa”? Quanti che hanno una vita normale hanno invece una vita “sospesa”? La vita non è solo respirare e mangiare. Per l’uomo è molto di più ed ha a che fare con quella particolare dignità per cui l’essere umano è posto da Dio al culmine della creazione. Per parlare di vite sospese, non possiamo considerare solo inizio vita e fine vita: bisogna considerare tutta la vita e le relazioni in essa implicate. Quando guardiamo a queste vite non possiamo farci guidare da idee astratte, anche fossero in generale buone e sante perché la persona umana non è un’astrazione. È carne, anima, sangue, speranze e memorie che vanno tutte prese in mano e accompagnate quando di decide di contemplare in particolare la fragilità di alcune esistenze. Spesso ci si dovrà rendere conto di non poter trovare risposte sicure. Niente slogan: neanche slogan “santi”. C’è una vita, quella vita. Da amare innanzi tutto. Per dare un senso a quella “sospensione” che ci ricorda i nostri limiti umani, le nostre “sospensioni” quotidiane.