Fonte dell’articolo Amici Domenicani – Autore Padre Angelo Bellon op.
Quesito
Padre Angelo buongiorno a lei e a tutta la comunità che si raccoglie attorno a questo sito.
Poiché vi conosco da poco è ben possibile che l’argomento sia stato qui già trattato, nel qual caso me ne scuso anticipatamente, viceversa ne approfitto per sottoporLe una domanda circa la Passione di Cristo che da un po’ torna ad interrogarmi. Nonostante i miei cinquantaquattro anni, temo difatti che la mia conoscenza del catechismo sia rimasta quella di quand’ero bambino.
I quattro evangelisti testimoniano che Gesù – in tutto uomo ad eccezione del peccato – morì, condannato ingiustamente, di una morte atroce e nel disprezzo generale. Di fatto la Sua gente non aveva capito granché di Lui, dei Suoi insegnamenti e dei Suoi segni: le autorità religiose vedevano in Lui una minaccia per il proprio potere, i Suoi amici ancora non illuminati dallo Spirito Santo probabilmente speravano attraverso Lui in un riscatto dal giogo di Roma e il popolo, ce lo ricorda anche Alessandro Manzoni, quando è folla spesso cade vittima di un’isteria che lo spinge verso comportamenti sconsiderati.
D’altra parte la morte di Gesù assume senso solo nella Sua resurrezione. Ricordo al riguardo quando, anni fa, provai a spiegare a mio figlio, allora bambino che si stava preparando a ricevere la Prima Comunione, che Gesù, pur potendo, aveva rinunciato ad usare i Suoi “super-poteri” contro i cattivi che volevano il Suo male proprio per dimostrare a tutti noi – che non siamo dei supereroi – che la morte non è la fine di tutto, che è possibile anche per noi semplici uomini vivere amando chi non ci ama perché comunque immagine di Dio… anzi che proprio nell’amare risiede il segreto della felicità.
Ma la Croce, la Santa Croce, è una questione che, al contrario, mi sfugge totalmente. Così ad esempio, ascoltando la vita dei Santi, mi sorprende come questi siano stati spesso chiamati a condividere – fisicamente! – le sofferenze di Gesù sulla Croce. Puntualmente allora mi chiedo: perché una morte così violenta? Quale il senso? Non sarebbe stata lo stesso se Gesù fosse stato ucciso, magari da qualche sicario prezzolato, con semplice un colpo di spada… per poi ugualmente risorgere?
E un’altra domanda a questa collegata. La Chiesa fornisce sovente a noi fedeli l’immagine di Gesù come dell’Agnello che, dopo aver assunto su di sé i peccati dell’intera umanità, è stato sacrificato sull’altare di Dio proprio in espiazione degli errori del mondo. Sicuramente fraintendo io il messaggio, e lungi da me voler essere irriverente, ma come è possibile pensare che Dio – il Dio del Nuovo Testamento, quello che Gesù ci invita a chiamare Abbà (vezzeggiativo di “papà”) – abbia avuto bisogno di un sacrificio umano, per giunta del Suo figlio Gesù, per perdonare all’uomo la sua infinita ignoranza di Lui?
Grazie davvero.
A presto, Valerio
Risposta del sacerdote
Caro Valerio,
1. San Tommaso si è posto la domanda se Cristo dovesse proprio morire in croce.
Certo, non vi era la necessità assoluta che perseguisse questa strada per compiere la nostra Redenzione.
Se l’ha scelta è perché l’ha considerata come la più vantaggiosa per noi.
Enumera i seguenti motivi:
“Primo, perché da essa l’uomo viene a conoscere quanto Dio lo ami, e viene indotto a riamarlo: e in tale amore consiste la perfezione dell’umana salvezza. Di qui le parole dell’Apostolo: “Dio dimostra il suo amore per noi in questo, che mentre eravamo suoi nemici, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8).
Secondo, perché con la passione Cristo ci ha dato l’esempio di obbedienza, di umiltà, di costanza, di giustizia e di tutte le altre virtù, che sono indispensabili per la nostra salvezza. Di qui le parole di San Pietro: “Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio, perché seguissimo le sue orme” (1 Pt 2,21).
Terzo, perché Cristo con la sua passione non solo ha redento l’uomo dal peccato, ma gli ha meritato la grazia giustificante e la gloria della beatitudine, come vedremo in seguito.
Quarto, perché mediante la passione è derivata all’uomo un’esigenza più forte di conservarsi immune dal peccato, secondo l’ammonizione di San Paolo: “Siete stati ricomprati a gran prezzo: glorificate e portate Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6,20).
Quinto, perché con essa fu meglio rispettata la dignità dell’uomo: in modo cioè che, come era stato l’uomo ad essere ingannato dal demonio, così fosse un uomo a vincerlo; e come un uomo aveva meritato la morte, così fosse un uomo a vincere la morte col subirla. Di qui le parole di San Paolo: “Siano rese grazie a Dio che ha dato a noi la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo” (1 Cor 15,57).
Quindi fu più conveniente che fossimo liberati dalla passione di Cristo piuttosto che dalla sola volontà di Dio” (Somma teologica, III, 46, 3).
2. Tuttavia tu potresti obiettare: va bene la passione, ma proprio la crocifissione?
San Tommaso ancora una volta ti dà la motivazione, anzi le motivazioni.
Ne presenta sette, numero perfetto, come a dire che in assoluto non c’era di meglio.
3. Ecco che cosa scrive:
“Fu convenientissimo che Cristo subisse la morte di croce.
Primo, per offrire un esempio di virtù. Scrive infatti Sant’Agostino: “La sapienza di Dio si è umanata per darci l’esempio che ci spinga a vivere rettamente. Ora, rientra nella rettitudine non temere le cose che non sono da temersi. Ma ci sono degli uomini, che, sebbene non temano la morte in se stessa, hanno orrore di certi generi di morte. Perciò, affinché nessun genere di morte spaventasse l’uomo che vive rettamente, fu opportuno dimostrarlo con la croce di Cristo: poiché tra tutti i generi di morte nessuno era più esecrabile e terribile” (Libro 83 questioni, 25).
Secondo, perché questo genere di morte era il più indicato per soddisfare il peccato dei nostri progenitori, che consistette nel mangiare il frutto dell’albero proibito, contro il precetto di Dio. Era perciò conveniente che, per soddisfare questo peccato, Cristo accettasse di essere inchiodato all’albero della croce, come per restituire quanto Adamo aveva sottratto, secondo le parole del salmista: “Pagavo allora quanto non avevo rapito” (Sal 69,5). Di qui l’affermazione di Sant’Agostino: “Adamo trasgredì il precetto prendendo il frutto dall’albero, ma tutto ciò che Adamo venne allora a perdere Cristo lo ricuperò sulla croce” (Sermone supp. 32).
Terzo, perché, come dice il Crisostomo: “Con la sua crocifissione su un alto legno Cristo volle purificare anche l’aria. Inoltre la terra stessa fu in grado di sentire simile beneficio, essendo purificata per il fluire del sangue dal suo costato”. E commentando egli le parole evangeliche, “è necessario che il Figlio dell’uomo venga innalzato” (Gv 3,14), spiega: “Sentendo parlare d’innalzamento devi intendere la sua sospensione in alto per santificare l’aria, mentre aveva santificato la terra camminando su di essa” (Hom. 2 De cruce et latr.).
(nota del redattore: l’aria era considerata come il luogo dove abitavano i demoni, come si evince da: “Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli”, Ef. 2,1-2).
Quarto, perché morendo sulla croce, Cristo, come spiega altrove il Crisostomo, ha preparato per noi la scala del cielo. Di qui le parole di lui riferite nel Vangelo: “Quando io sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me” (Gv 12,32).
Quinto, perché la crocifissione si addice all’universalità della salvezza di tutto il mondo. (…). Sant’Atanasio scrive che sulla croce Cristo “è morto con le mani stese, per attrarre con l’una il popolo dell’antico patto, e con l’altra i popoli pagani” (De incarn. Verbi, 25).
Sesto, perché con questo genere di morte sono indicate le diverse virtù del Cristo. (…). Scrive infatti Sant’Agostino che “la croce, su cui erano affisse le membra del suppliziato, fu insieme la cattedra dalla quale il maestro insegnava“.
Settimo, perché questo genere di morte risponde a molte figure (dell’antico Testamento). E lo rileva Sant’Agostino, ricordando che “un’arca di legno salvò il genere umano dal diluvio universale. Mosè poi aprì con una verga il Mar Rosso dinanzi al popolo che usciva dall’Egitto, prostrando con essa il Faraone e redimendo il popolo di Dio; e sempre Mosè immergendo la verga stessa nell’acqua da amara la rese dolce; e percuotendo con essa la pietra ne fece scaturire l’acqua salutare; e per vincere gli Amaleciti Mosè tenne in mano la verga. Inoltre la legge di Dio fu custodita nell’arca dell’Alleanza, che era di legno. E tutte queste figure conducono come tanti gradini al legno della croce“” (Ib., 4).
4. Venendo alla seconda domanda ti chiedi in che modo Dio Padre, che è tutto amore, abbia bisogno del sacrificio del figlio per perdonare all’uomo la sua infinita ignoranza.
Ebbene non è Dio che ha bisogno di questo sacrificio. Se ne avesse avuto bisogno non sarebbe più Dio.
È l’uomo piuttosto che aveva bisogno di tale sacrificio per comprendere l’amore del Padre e del Figlio suo.
Commenta Sant’Agostino: “Il Signore stesso ha detto: Nessuno può avere maggior amore di chi dà la sua vita per i suoi amici, e l’amore di Cristo verso di noi si dimostra nel fatto che egli è morto per noi.
Quale è invece la prova dell’amore del Padre verso di noi? Che egli ha mandato il suo unico Figlio a morire per noi. Così afferma l’apostolo Paolo: Egli che non risparmiò il suo proprio Figlio, ma lo diede per noi tutti, come non ci ha dato insieme con lui tutti i doni? (Rm 8, 32)” (Commento alla prima lettera di San Giovanni).
5. Come vedi, il filo che lega tutti questi temi è l’infinito amore di Dio Padre verso di noi perché fossimo stimolati ad amarlo.
Non solo, ma ad amarlo nella maniera più perfetta e più santa.
E poiché questo amore è soprannaturale e pertanto non può aver origine da noi, siamo chiamati a domandarlo continuamente perché Dio Padre lo infonda generosamente nel nostro cuore, secondo quanto ha detto attraverso l’Apostolo Paolo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito” (Rm 5,5).
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
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