Fonte dell’articolo mauroleonardi.it
Siamo tutti inorriditi per la vicenda di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistana scomparsa lo scorso 30 aprile dopo aver rifiutato di sposarsi attraverso un matrimonio combinato.
L’omicidio da parte dei familiari è ancora solo un’ipotesi ma appare sempre più la spiegazione più fondata per capire quanto è accaduto. In uno dei filmati che le forze dell’ordine hanno esaminato si vede la ragazza con uno zaino chiaro in spalla uscire da casa muovendosi verso il retro dell’abitazione insieme ai genitori. Lì sarebbe dove il padre e la madre l’avrebbero consegnata all’esecutore materiale dell’omicidio, lo zio. Dopo pochi minuti, si vedono il padre e la madre di Saman rientrare a casa senza di lei, poi il padre si dirige di nuovo verso i campi e ritorna di nuovo in casa portando questa volta solo lo zaino della figlia: probabilmente Saman è stata assassinata in quei minuti. Ad oggi il suo corpo non è ancora stato ritrovato ma questa constatazione non ci rasserena perché a noi tutti viene in mente la frase shock dello zio quando scrive nella chat che “è stato un lavoro ben fatto”.
Questa orribile notizia, oltre a spronarci nella lotta per combattere il matrimonio forzato in tutto il mondo e non solo quando avviene nel nostro paese (“lontano dagli occhi lontano dal cuore” è un proverbio che dovremmo imparare ad odiare) deve interrogarci su come aiutiamo le persone che amiamo a sposarsi felicemente senza togliere loro la libertà.
La terribile pratica del matrimonio forzato è antichissima: c’è nella mitologia greca e c’è in quell’Antico Testamento che hanno in comune gli ebrei, i cristiani e i musulmani. La spiegazione dell’esistenza di tale atroce meccanismo sta nella sicurezza sociale, economica e politica che dà il matrimonio “cellula della società” quando lo chiudiamo dentro le sbarre della prigione. Oggi, nessuna cristiano – e nessuna persona di buon senso – si direbbe a favore dei matrimoni combinati però mi chiedo se siamo sempre stati capaci di rispettare le scelte dei nostri figli.
Ci possono essere situazioni, connessioni familiari, ambienti educativi, nei quali si terrorizzano i figli parlando loro con eccessiva frequenza della fragilità dei rapporti coniugali, dove i toni drammatici degli “insuccessi” possono spingere a non dare la giusta importanza all’amore, al sentimento, alla felicità. Dietro la scelta da parte delle famiglie di dove mandare a scuola i propri “bambini”, di dove portarli in vacanza, di come indirizzarli verso certe compagnie, ci possono essere scelte e condizionamenti molto pesanti, privazioni di libertà che se non possono essere definite tecnicamente “matrimoni combinati” certamente non brillano per il rispetto delle scelte d’amore di coloro che mettiamo al mondo.
L’omicidio da parte dei familiari è ancora solo un’ipotesi ma appare sempre più la spiegazione più fondata per capire quanto è accaduto. In uno dei filmati che le forze dell’ordine hanno esaminato si vede la ragazza con uno zaino chiaro in spalla uscire da casa muovendosi verso il retro dell’abitazione insieme ai genitori. Lì sarebbe dove il padre e la madre l’avrebbero consegnata all’esecutore materiale dell’omicidio, lo zio. Dopo pochi minuti, si vedono il padre e la madre di Saman rientrare a casa senza di lei, poi il padre si dirige di nuovo verso i campi e ritorna di nuovo in casa portando questa volta solo lo zaino della figlia: probabilmente Saman è stata assassinata in quei minuti. Ad oggi il suo corpo non è ancora stato ritrovato ma questa constatazione non ci rasserena perché a noi tutti viene in mente la frase shock dello zio quando scrive nella chat che “è stato un lavoro ben fatto”.
Questa orribile notizia, oltre a spronarci nella lotta per combattere il matrimonio forzato in tutto il mondo e non solo quando avviene nel nostro paese (“lontano dagli occhi lontano dal cuore” è un proverbio che dovremmo imparare ad odiare) deve interrogarci su come aiutiamo le persone che amiamo a sposarsi felicemente senza togliere loro la libertà.
La terribile pratica del matrimonio forzato è antichissima: c’è nella mitologia greca e c’è in quell’Antico Testamento che hanno in comune gli ebrei, i cristiani e i musulmani. La spiegazione dell’esistenza di tale atroce meccanismo sta nella sicurezza sociale, economica e politica che dà il matrimonio “cellula della società” quando lo chiudiamo dentro le sbarre della prigione. Oggi, nessuna cristiano – e nessuna persona di buon senso – si direbbe a favore dei matrimoni combinati però mi chiedo se siamo sempre stati capaci di rispettare le scelte dei nostri figli.
Ci possono essere situazioni, connessioni familiari, ambienti educativi, nei quali si terrorizzano i figli parlando loro con eccessiva frequenza della fragilità dei rapporti coniugali, dove i toni drammatici degli “insuccessi” possono spingere a non dare la giusta importanza all’amore, al sentimento, alla felicità. Dietro la scelta da parte delle famiglie di dove mandare a scuola i propri “bambini”, di dove portarli in vacanza, di come indirizzarli verso certe compagnie, ci possono essere scelte e condizionamenti molto pesanti, privazioni di libertà che se non possono essere definite tecnicamente “matrimoni combinati” certamente non brillano per il rispetto delle scelte d’amore di coloro che mettiamo al mondo.
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