Fonte dell’articolo mauroleonardi.it
Mentre Gimbo, umanamente agli antipodi di Jannik, si è trovato a raccontare le sue coliche renali minuto per minuto con tanto di interviste e foto, il nostro migliore tennista qualche giorno prima della partenza per i Giochi ha semplicemente fatto un post su Instagram in cui raccontava dei suoi problemi di salute. Poi, quando, all’inizio del torneo di Montreal, un giornalista è giustamente tornato sul forfait olimpico è sbottato dicendo: “È onestamente una domanda a cui non vorrei neanche dover rispondere. Credo che soltanto io e il mio team sappiamo veramente come mi sono sentito: da fuori è una cosa, da dentro è un’altra. Non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto”. Queste affermazioni sono sbagliate. Il dovere di essere attenti alla comunicazione esiste proprio perché senza di essa non è possibile capire “da fuori” come ci si sente “da dentro”. Quanti matrimoni saltano per questo motivo? Quanti rapporti di lavoro, di amicizia o di affetto?
Come ha fatto per altri aspetti del suo lavoro, auguro a Jannik di trovare qualcuno, bravo, che lo aiuti a comunicare. Nella conferenza stampa successiva alla sua eliminazione di Montreal per mano di Rublev ha di nuovo avuto un tono infastidito. È successo quando ha sottolineato che forse non ci si ricorda a dovere della grande annata che sta facendo. Basta andare sul web per rendersi conto di quanto sia falsa questa affermazione. La comunicazione non è questione di immagine o di social. La comunicazione è comunione, cioè amore. Probabilmente da sempre – ma certamente nel mondo d’oggi – non basta “essere sé stessi” per arrivare correttamente al prossimo. A volte chi non ci capisce vorrebbe farlo ma non può perché noi non ci prendiamo il tempo di fare lo sforzo per andargli incontro. Oltretutto in certi casi non è così faticoso. Basterebbe fare qualche intervista in italiano in più