Fonte dell’articolo mauroleonardi.it
La Paolini, che è stata decisiva nella vittoria finale della Billie Jean King Cup, la coppa Davis al femminile, è esplosa “da grande”. Mentre Jannik aveva fin da piccolissimo l’aura del predestinato, Jasmine ha cominciato a brillare solo quest’anno, a ventotto anni. Alta (si fa per dire) un metro e sessantatre centimetri, grazie all’impegno ha fatto del suo limite la sua forza. Detto in altri termini vuol dire che per riuscire a trovare modi che mantengano la sua competitività e minimizzino le situazioni di svantaggio ha bisogno di lavorare il triplo o il quadruplo degli altri .
Dopo aver vinto a Miami, quando era ancora numero due al mondo, Sinner ebbe a dire di essere “un predestinato del lavoro”. Ovvero che la sua vera qualità fosse quella di lavorare, e tanto. È un’espressione che sottolinea come il vero talento non sia quello del dono inaspettato che cade dal cielo. Quel talento è necessario ma non è sufficiente. Il vero talento che fa la differenza è quello della voglia di lavorare, di impegnarsi. Come ha detto Vagnozzi, l’uomo che più di ogni altro è vicino al giocatore Sinner, l’eccezionalità di Jannik “è quella che non vedete. Quella che è fuori dal torneo: come va tutti i giorni in allenamento, come sta attento a quello che gli viene detto. La voglia che ha dentro di arrivare il più in alto possibile, di non voler avere rimorsi, di non accontentarsi mai, di essere sempre sul pezzo”.
Questo dipende esclusivamente da ciascuno di noi, da quello che siamo dentro e non dalla fortuna che ci cade addosso